Eredità: quando si dice… parenti serpenti!

di francesca


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Siamo rimasti tutti colpiti dalla prematura scomparsa di Steve Jobs, che ha lasciato in eredità al mondo le sue intuizioni visionarie che hanno cambiato il nostro rapporto con la tecnologia. Ma è ancora mistero fitto sul contenuto del suo testamento che regolerà la proprietà di un asse ereditario di 8 miliardi di dollari.

E la sua non è l’unica eredità con cifre da capogiro. Spesso sulle cronache leggiamo di patrimoni immensi che suscitano le liti più furibonde tra gli eredi, di impugnazioni di testamenti di personaggi celebri; tanto per fare esempi noti, la fortuna accumulata in vita dalla diva Liz Taylor, morta nel marzo di quest’anno, non ha ancora un’attribuzione definitiva ed è del giugno 2011 una sentenza del Tribunale di Milano attinente all’eredità di Lucio Battisti. E come non pensare alle tremende liti giudiziarie suscitate dal testamento di Luciano Pavarotti, tra la moglie e le figlie o alle dispute in casa Agnelli?

Ma come si fa a disporre legittimamente dei propri beni per distribuirli agli eredi cercando di evitare liti giudiziarie?

Se il proprietario dei beni non lascerà alcun testamento, sarà la legge che regolerà la distribuzione degli stessi tra i parenti più prossimi. La normativa è molto dettagliata e diversifica le ipotesi.

Il primo elemento discriminante è l’esistenza o meno dei figli: in generale la presenza dei figli elimina la possibilità di aspirare all’eredità per ascendenti e collaterali (cioè dei genitori e dei fratelli); non si fa distinzione, ai fini ereditari, se i figli siano legittimi (nati all’interno del matrimonio), o nati da una convivenza, oppure adottati.

Va poi considerato il numero dei figli ed il loro eventuale concorso all’eredità col coniuge superstite; il coniuge rimane erede anche se in separazione personale (a meno che la separazione non sia stata con addebito al coniuge superstite); perde invece tale qualifica se c’è stato un divorzio o se il matrimonio viene dichiarato nullo ecclesiasticamente.

Ma il proprietario dei beni, se ritiene, può anche stabilire che alla sua morte una quota dei suoi possedimenti (detta “disponibile”) non sia distribuita secondo la legge, ma secondo la sua volontà

Esistono infatti delle quote del patrimonio di ciascuno, cosiddette di “legittima”, che sono riservate, appunto, agli eredi legittimi e che il proprietario non può, neanche con un testamento, lasciare ad altri. Ad esempio una persona che lascia un coniuge e due figli potrà disporre per il suo post.mortem solo di un quarto del suo patrimonio complessivo, poiché i tre quarti sono riservati ai tre legittimi eredi.

I destinatari della quota disponibile di eredità devono essere indicati nel testamento, che può essere “pubblico” (quando il testatore formula le sue ultime volontà davanti ad un Notaio) oppure “olografo”, se il testatore lo confeziona di suo pugno, magari con l’aiuto di un esperto. Per far sì che venga rispettato questo secondo tipo di documento, esso andrà consegnato ad una persona di fiducia o al beneficiario stesso. Il testamento olografo e quello pubblico hanno identico valore giuridico.

Se gli eredi sono in possesso di due testamenti, entrambi legittimamente compilati, prevarrà quello con la data più recente, poiché si sottintende che il de cuius (così si chiama in gergo giuridico il defunto che ha lasciato un’eredità) abbia, nel corso del tempo, mutato le sue ultime volontà.

Certo, queste sono indicazioni che attengono soprattutto all’aspetto “giuridico” della situazione, poi ci si dovrebbe affidare anche al buon senso e alla dignità delle persone ma a quanto pare, soprattutto in caso di eredità milionarie, ogni legame di parentela viene messo da parte di fronte alla prospettiva di un cospicuo guadagno.

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