Le Otto Montagne, dal 22 dicembre al cinema un film profondo ed intenso

di Manuela Zanni


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Dal prossimo 22 dicembre nelle sale  arriva “Le Otto Montagne”, il film che sembra essere la naturale propaggine in immagini dell’omonimo romanzo  di Paolo Cognetti grazie all’abilità  dei registi belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch che sono riusciti a dare nuova vita al romanzo, mantenendone l’intensa profondità esistenziale.

Le Otto Montagne, dal romanzo al film

Certo, il grosso l’ha fatto Paolo Cognetti scrivendo il romanzo, ma Le Otto Montagne, il film, in sala dal 22 dicembre, non propone alcuno stravolgimento di senso e di storia. Solo la giusta, equilibrata taratura filosofica attorno a misuratissimi versi del libro declamati dalla voce fuori campo del protagonista Pietro (Luca Marinelli) e all’attento scalpellare sequenza dopo sequenza sull’ossatura del già scarno romanzo.

La trama del film

Van Groeningen e Vandermeersch, insomma, hanno trattato il libro – uno dei più celebri casi letterari italiani degli ultimi dieci anni e vincitore del premio Strega– con estrema delicatezza e rispetto. Filmato con cinecamera agile digitale in formato 1,33:1 (ovvero nel celebre 4/3) e con numerosi mezzi busti e piani americani con tantissima aria sopra la testa dei protagonisti, Le otto montagne (presentato all’ultimo Festival di Cannes) è la storia di un’amicizia tra l’introverso Pietro (da grande interpretato, appunto da Marinelli), un bimbo di città che ogni estate trascorre le vacanze in un antico paesino di montagna in Valle d’Aosta, e il silente Bruno (da grande interpretato da Alessandro Borghi), figlio di montanari del posto, bambinetto già avvezzo ai lavori nella stalla, da casaro e da muratore. Il papà di Pietro, appassionato di alpinismo, porta continuamente il figlio a fare escursioni in alta montagna ma dimostrerà insieme alla moglie, insegnante, l’intenzione di garantire anche a Bruno la possibilità di studiare in città. Quando i genitori di Bruno faranno sparire dalla circolazione il ragazzino mandandolo in cantiere per non farlo studiare, anche l’amicizia animalesca tra passeggiate, scalate sulle vette e bagni nei laghi tra i due bambini si esaurirà per qualche tempo.

Otto Montagne

Otto Montagne

Il trailer del film

 

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I due ragazzi solo da adulti, dopo la morte del papà di Pietro, si incontreranno nuovamente in montagna. Insieme, durante un’intera estate in alta quota, ricostruiranno un rudere facendolo diventare una piccola baita isolata dal mondo. Era la promessa che Bruno aveva fatto al padre di Pietro. Perché mentre Pietro si era violentemente separato dal padre (Filippo Timi), l’uomo aveva segretamente stretto un legame forte con Bruno tornando ogni volta che poteva a passeggiare con il ragazzo sui sentieri rocciosi. Amicizia virile e inespresso rapporto padre-figlio sono i tormentati, malinconici temi conduttori del romanzo come del film. Van Groeningen e Vandermeersch ne riprendono i tratti essenziali adornandoli con fare spurio con quegli oggetti materici – quaderni di carta, mappe e cartine, pennarelli e biro, tazze calde, cuffie -, dipingendoli di una magia grezza che scartavetra la pelle e lo stomaco. L’opera sfuma nei luoghi himalayani dove Pietro ritroverà tracce vive e profonde di sé, come nella vastità dell’alta montagna che Bruno esplora da predestinato nel suo sfaldarsi lavorativo e familiare.  Paolo Cognetti appare in un paio di sequenze come collega in cucina di Pietro. Diverse volte fa capolino lo splendido rifugio Il pranzo di Babette a Brusson, dove Cognetti ha realmente lavorato all’epoca durante la scrittura del suo primo romanzo.

Otto Montagne

Otto Montagne

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