Pina Frazzica: la storia della manager siciliana

di Alice Marchese


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Dalla Sicilia ad Harvard passando per Bosnia e Africa: questa è la storia di Pina Frazzica, una donna siciliana e manager più qualificata del panorama della Sanità Italiana. La sua vita è un continuo viaggio alla scoperta di innovazioni; la sua sconfinata conoscenza abbraccia più culture e questo le permette di relazionarsi con il mondo con tanta curiosità, talento, competenza e carattere. Antesignana di procedure all’avanguardia nella gestione dei problemi della Salute pubblica, parla correttamente francese, spagnolo, italiano. Mastica il russo, l’arabo e il cinese e conosce le lingue della profonda Africa, i dialetti del Senegal e del Togo.

Tutto ha avuto inizio nel 1966 al Liceo Maurolico di Messina. Pina Frazzica ha solo diciotto anni, un diploma in tasca e un futuro di fronte a sé tutto da conoscere. La sua determinazione e la sua passione per lo studio la porta a discostarsi da una realtà siciliana che le sta un po’ stretta e la irretisce, pertanto compra un biglietto di sola andata per gli States ed è a Boston che intraprende un nuovo percorso. Lì diventa una studentessa lavoratrice.

Si iscrive alla Scuola preparatoria dell’Università di Boston e nel frattempo lavora alla Boston Blue Cross/Blu Shield. Ha 19 anni quando le affidano la direzione di uno staff di 52 operatori informatici che hanno il compito di gestire i servizi sanitari agli anziani nello Stato del Massachusetts diventando così il  Supervisore del Dipartimento Medicare.
Boston, a quei tempi, era un polveriera. La contestazione giovanile animava le masse e inoltre la questione razziale era una problematica collettiva da affrontare. Il 4 aprile del 68 viene assassinato il pastore Martin Luther King. Il giorno dopo Boston è una città in fiamme. La protesta del popolo afroamericano rischia di far capitolare la città.

Il peggio viene evitato grazie a James Brown, la leggenda del soul americano. Chissà, forse sarà stata quella la scintilla capace di far scattare in Pina Frazzica l’amore per l’Africa e le sue genti. Perché dal 1968 in poi, la sua traiettoria professionale umana viene modificata. Entra all’Università dove si laurea in Medicina nel 1977. Sempre a Boston segue i corsi universitari della Northeastern per scoprire i segreti del computer: analisi dei sistemi, linguaggio cobol e basic sono gli argomenti della sua specializzazione.

Nel 1973 trova anche il tempo per il Bachelor of Arts, sempre a Boston. Nel 78 c’è il primo contatto con l’Africa. Pina studia e lavora alla Medix, organizzazione di Boston che si occupa dello sviluppo dei sistemi sanitari in Africa. Nel 1984 fa tappa in Messico, dove si specializza in Epidemiologia applicata per poi tornare negli States. Ad Harvard ottiene il Master in Amministrazione pubblica e Sanità pubblica alla John Fitzgerald Kennedy School, il tempio della formazione pubblica negli States.

Da quel momento, il suo talento è noto a tutti. Perché gli States si possono amare o detestare. Una certezza però è il carattere meritocratico che è proprio di questo sistema. Chi vale, ce la fa. Infatti, la nostra manager messinese, soltanto un anno dopo, viene chiamata dal Governo del Massachusetts come direttore associato del Dipartimento di Sanità pubblica. Il suo ambito di competenza riguarda gli anziani, i bambini e le categorie più fragili.

Due anni dopo, Frazzica inizia a lavorare per la Ong Catholic  Relief Services di New York e per la World Vision, una ong che si occupa del Senegal. Nel 1990 lavora anche per il governo del Togo. E non è tutto. Ecco i pezzi mancanti, spiegati direttamente dalla manager siciliana: “Sono nata a Messina , dove ho frequentato il liceo Classico. Poi sono partita per gli Stati Uniti, a Boston, dove ho realizzato buona parte dei miei studi universitari tra l’Università di Boston ed Harvard. Ho studiato in vari paesi: dal Messico, dove ho approfondito lo studio dell’epidemiologia applicata, al Canada dove ho studiato andragogia e comunicazione interpersonale, per arrivare a Maastrict con il Problem Based Learning (PBL), e altra formazione specialistica in Austria, Inghilterra e Lussemburgo. 

Buona parte della mia vita l’ho vissuta all’estero, per studio o per lavoro. In Africa ho vissuto e lavorato per oltre 10 anni, ininterrottamente e, per i successivi 5, sono tornata in Africa in missioni di lavoro e per diversi mesi all’anno. Conosco la maggior parte dei Paesi dell’Africa Subsahariana, a partire dalla Mauritania fino al Capo di Buona Speranza da una parte, per arrivare all’Etiopia dall’altra, e poi la maggior parte dei Paesi all’interno di questa specie di forcella geografica: Paesi come il Niger, il Ciad, il Burkina Faso, la Nigeria, la Repubblica Centrafricana, il Cameroon, il Mali, il Ruanda, il Burundi, lo Zimbabwe ed altri.  Sono tornata in Italia a fine 89, presso l’Istituto Superiore di Sanità, e da qui, oltre ai viaggi in Africa, ho anche partecipato a missioni umanitarie durante i conflitti nel Libano e nella Bosnia-Herzegovina e realizzato missioni di cooperazione in Brasile e in Argentina”.

Poi, dopo una vita dedicata al mondo, nel 1994, la manager torna in Sicilia. Arriva  a Caltanissetta, per guidare il Cefpas. La Frazzica trova una struttura abbandonata al posto di quello che puntava ad essere il più importante centro di formazione sanitario del Sud.

Dall’Africa alla Bosnia per poi tornare nella Sicilia degli anni novanta. Anche lì trova una bella gatta da pelare.  “Come in tutte le cose dove si comincia da zero – rievoca la dottoressa Frazzica –  è normale che ci siano un certo numero di difficoltà e, nel caso del Cefpas, i problemi sono stati di vario ordine”. Avete presente il concetto di cattedrale nel deserto? Rende bene l’idea dello spreco e dell’abbandono.

Ed è esattamente il contesto in cui Frazzica si trova ad agire, al momento del suo insediamento: “Quando sono arrivata, il Centro era una serie di palazzine vuote, abbandonate, con tecnologie obsolete, mai utilizzate. Non abbiamo trovato uno schema tecnico degli impianti, che erano complessi, e praticamente nessuno a Caltanissetta li conosceva, anche solo per farli funzionare. Ho lavorato fino a primavera senza riscaldamenti, con cappotto e guanti, e due stufette avute in prestito.  Inoltre, appena si apriva un rubinetto, usciva un fiume d’acqua da qualche altra parte perché i tubi, che non erano stati utilizzati per anni, cedevano. E allora si rimaneva senza acqua per giorni e giorni, tentando di identificare il punto esatto del guasto, per scavare e ripararlo”.

Anche dal punto di vista organizzativo si deve partire da zero: “Non c’era niente. Non c’era un sistema organizzativo-contabile, non c’era personale, eccetto un comando dalla Regione, e non c’era certezza sui fondi e su quando questi sarebbero stati erogati. Vale la pena ricordare il gesto generoso di Monsignor Garsia e della popolazione nissena quando, durante quella prima Pasqua al Cefpas, i soldi raccolti nelle chiese, anche fra i meno ricchi, mi sono stati consegnati dal Vescovo a nome della popolazione nissena. Con quei fondi abbiamo attrezzato la nostra prima aula informatica, che usavamo per le attività formative. Quando i computer non venivano utilizzati per la formazione, li spostavamo nei nostri uffici per permetterci di lavorare con tecnologie adeguate. 

Per molto tempo, io ho utilizzato il mio computer personale al lavoro. Poi pian piano, ci hanno assegnato un budget regionale, che abbiamo gestito con grande efficacia, efficienza ed economicità, con un’attenzione particolare verso gli sprechi di qualsiasi genere. Allo stesso tempo, abbiamo cominciato a realizzare progetti con finanziamenti esterni adeguati, che rimpinguavano i fondi regionali e questo ci ha permesso, da una parte, di reclutare più personale e, dall’altra, di gestire la struttura in maniera dignitosa”.

Il Cefpas comincia a camminare. Ottiene risultati di prestigio assoluto. I progetti sfornati dalla cittadella nissena vengono selezionati al massimo livello mondiale: “Abbiamo creato una scuola di salute pubblica portandola ai più alti livelli di apprezzamento nazionali e internazionali. Abbiamo realizzato centinaia di corsi di varia durata, di Master, e progetti di grande innovazione e siamo riusciti a diventare l’unico ente in Sicilia a erogare i corsi per i Direttori generali, sanitari e amministrativi del settore sanitario.  Abbiamo ospitato convegni e incontri di altissima specializzazione anche di livello globale, a partire dal prestigioso incontro di pianificazione per la definizione del Piano triennale della lotta contro le zoonosi nel Mediterraneo, organizzato in collaborazione con la sede mondiale di Ginevra dell’OMS, al quale hanno preso parte alti funzionari dei Ministeri della salute di 16 Paesi mediterranei.

Abbiamo anche ricoperto incarichi importanti come, per esempio, la gestione del Segretariato della Rete delle Regioni per la salute d’Europa della Regione europea dell’OMS che comprendeva 16 Paesi europei e 38 Regioni. Questo ci permetteva di partecipare alle riunioni dei 53 Ministri della Salute della Regione stessa, rappresentando le istanze delle Regioni e seguendo direttamente l’evoluzione dei sistemi sanitari europei. Siamo stati pure nel Comitato esecutivo di ASPHER, l’Associazione europea delle Scuole di salute Pubblica e realizzato al Cefpas riunioni e incontri di altissimo livello scientifico”.

Poi, a un certo punto, nel 2012 le strade si dividono. La Regione siciliana sceglie altre strade. Per Pina è il tempo di tornare a Roma ed è quello che fa. Lavora all’Istituto superiore di Sanità. Ma ovviamente, per la donna manager siciliano, il viaggio non finisce qui.

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