Lo Show di Hermès: da New York a Shanghai passando per Parigi

di Alice Marchese


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Ha inizio alle 8 e 31 di mattina a New York, cioè le 2 e 31 del pomeriggio a Parigi e le 9 e 31 di sera a Shanghai. Non è semplice organizzare sfilate in diverse parti del mondo, ma Hermès ci è riuscito. Presentata la collezione donna autunno/inverno 2021, ed è stato memorabile. Anche se a scapito dei vestiti.

Si comincia nella Armory di New York, dove le ballerine guidate dalla coreografa Madeline Hollander camminano sicure attorno a immensi cilindri di tessuto “arancio Hermès”: veloci, sorridenti, muovono le braccia a ritmo di vogueing , il ballo ispirato alle pose delle modelle.
Si passa alla Garde Républicaine di Parigi per la vera sfilata disegnata da Nadège Vanhée- Cybulski: sono le 2 e 38. Le silhouette hanno il rigore tipico della creatrice, addolcito da materiali che lei definisce “sensuali” come il camoscio sfrangiato, la pelle matelassé e i ricami fatti a mano sulle tuniche di seta cangiante.

Alle 2 e 46 ci si sposta a Shanghai, dove chiude la coreografia, sempre al femminile, di Gu Jiani, tra antiche movenze cinesi e ballo da sala. Dirige Sébastien Lifshitz. Se questo è il futuro delle sfilate ben venga, è stato un grandioso spettacolo. Quando però si diceva che certe operazioni vanno a scapito dei vestiti, si intende che è tutto così mozzafiato da appannare la collezione. Il che qui magari è voluto, visto che Hermès più che fare moda fa stile; ma se non lo è, allora forse va aggiustato il tiro. Nessuno ha la forza e la coerenza di Rick Owens.

Chi altri c’è che dedica la collezione all’orto di Getsemani, paragonando l’ultima notte di Gesù all’attesa per la fine della pandemia, trasforma il molo del Lido di Venezia (dove sfila dall’inizio della pandemia) in una passerella post- apocalittica, cita il costumista dei Kiss Larry LeGaspi e riproduce le complicate silhouette di Charles James, uno dei più grandi couturier (entrambi sue costanti)?
L’americano ci aggiunge i soprabiti con le spalline da divise da football, le giacchine in plastica riciclata e i body da aerobica anni Ottanta. Owens resta fedele a sé stesso, e così facendo gioca su un altro livello. Pure Andreas Kronthaler è coerente nel portare avanti il discorso della moglie, Vivienne Westwood.

In attesa di celebrarne gli 80 anni il prossimo 8 aprile, Kronthaler la piazza nella vetrina del loro negozio di Mayfair a Londra, dove assieme a diversi performer si esibisce nella cover di alcuni brani di My Fair Lady , il film del 1964. Sul lato moda, si rivede quel mix tra crinoline vittoriane, punk, avanguardia e difesa dell’ambiente forgiato da Vivienne. Loro sono una certezza, come lo è pure Issey Miyake: la moda del giapponese è sempre apparsa distaccata dalle cose terrestri, come se fosse pensata per una civiltà estremamente evoluta in una galassia lontana. Il direttore creativo Satoshi Kondo ha saggiamente seguito l’input del fondatore.

La rinascita secondo Christelle Kocher prende la forma della Fenice che risorge dalle sue ceneri. La stilista la usa come filo conduttore per il suo Koché, dai decori di piume sulle tute da rave party agli intarsi sui vestiti sottili e aderenti. Alessandra Rich non parla apertamente di rinascita, ma la sua collezione è di fatto proiettata sul “dopo”, in un’alternanza di provocazioni e look più composti, che spazia dalle mini in finto serpente ai vestiti fiorati da educanda.

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