Violenza sulle donne: la necessità di reagire

La notizia della donna indiana uccisa dal marito perché voleva vestire all’occidentale è purtroppo l’ennesimo caso di cronaca nera ascrivibile ad una lista impressionante di brutali omicidi perpetrati da mariti, amanti, fidanzati e talvolta addirittura padri. Come se le donne potessero, in qualche modo, essere considerate oggetti di proprietà di cui disporre e di cui, all’occorrenza, disfarsi. Il dramma nel dramma è che le notizie delle uccisioni sono la punta dell’iceberg: l’iceberg vero e proprio è costituito dalle tante donne la cui vita non va a finire in televisione e sui giornali, ma che viene vissuta all’insegna della violenza e della sopraffazione, apparentemente senza via d’uscita.

Moltissime sono le situazioni di donne rese vittime da uomini senza scrupoli, che usano loro violenza fisica e psicologica e che pretendono di decidere su aspetti fondamentali nell’esistenza delle mogli o fidanzate. Uscire allo scoperto non è affatto facile, perché una donna vittima di un sopruso da parte di un familiare è generalmente piena di paura (e di certo le notizie di cronaca contribuiscono ad alimentare questa paura).

È però indispensabile, prima di tutto, non lasciarsi prendere dallo sconforto e trovare la forza di reagire, confidando la propria storia ad altre persone e rendendo in questo modo più debole l’aguzzino. Le denunce, come sappiamo, spesso purtroppo hanno poca utilità, a causa della lentezza della giustizia: è dei giorni scorsi la notizia della convocazione, da parte della Procura, di una ragazza che aveva sporto denuncia contro il suo ex fidanzato; peccato che la giovane nel frattempo fosse stata uccisa dall’uomo che aveva denunciato!

Che fare allora se si è costantemente minacciate dal proprio partner e se ci si sente in pericolo? La denuncia è la prima azione da compiere, ma da sola evidentemente non basta. È necessario prendere tutte le precauzioni per la propria incolumità, soprattutto cercando di non rimanere sole con la persona che si teme, uscendo allo scoperto ed evitando di provare ingiustificati sensi di colpa.

Se la situazione è sgradevole, ma non ancora irrecuperabile, da prendere in considerazione sono anche i provvedimenti civilistici che il giudice può imporre su istanza di parte: i cosiddetti “ordini di protezione contro gli abusi familiari”. Sostanzialmente il giudice, con un decreto, può porre un freno alle violenze del partner, anche disponendone l’allontanamento dalla casa familiare, e perfino prescrivendogli di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla sua vittima, come il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia d’origine o di altri prossimi parenti, la scuola dei figli e così via. L’ordine di protezione, in attesa di eventuale pronuncia sulla separazione, può anche contenere dei provvedimenti economici per sostentare la persona che sia economicamente dipendente dal proprio aguzzino, anche con versamento diretto dal datore di lavoro al beneficiario.

A mio parere è necessario un processo di innalzamento del livello culturale, affinché ogni donna possa pretendere il rispetto della propria persona, consapevole che si tratta di un diritto fondamentale. In quanto donna, ciascuna di noi non deve permettere che il suo sorriso sia offuscato dall’angoscia provocata dall’offesa della propria dignità. In quanto mamma, ciascuna di noi si deve prodigare ad insegnare questo principio ai propri figli e alle generazioni future, con la speranza che la violenza sulle donne diventi solo un’eccezione e non una triste costante dei nostri giorni.

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