Ogni mamma ha il bambino che si merita

di francesca


Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di DonnaClick! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Per ciò che scrivo nei miei libri e per ciò che dico nelle mie conferenze, talvolta (in verità piuttosto raramente) vengo rimproverato dalle mamme di essere troppo severo con loro. In effetti, ogni tanto, mi scopro ad assumere un atteggiamento piuttosto esigente nei loro riguardi, ma non certo severo.

Ciò è dovuto, non al mio caratteraccio, ma alla grande importanza che attribuisco al ruolo della mamma. Il compito più affascinante, più gratificante, più emotivamente coinvolgente che una donna svolge nella sua vita, è quello di essere mamma. E’ inevitabile che sia anche il più difficile, perché racchiude in sé tutte le faticose responsabilità personali legate all’impegno di prendere il bambino che nasce “puro e incontaminato” per condurlo lungo il difficile cammino dell’infanzia e dell’adolescenza, verso il traguardo di diventare un uomo. Non mi sembra una cosa da nulla!

Una delle frasi che contraddistinguono la mia “filosofia” sul modo di crescere il bambino è: Ogni mamma nei primi tre anni di vita ha il bambino che si merita. Si tratta di una frase che può fare arrabbiare, perché può essere considerata come una sorta di sentenza, ma sottolinea l’enorme importanza del ruolo di mamma nel  determinare i comportamenti del proprio bimbo nel delicato periodo della sua vita in cui, da una totale dipendenza dall’adulto, si avvia verso la progressiva acquisizione della propria autonomia.

Come pediatra attento all’importanza del rapporto genitori/bambino, da anni porto avanti un progetto molto interessante: i colloqui con le future mamma e i futuri papà prima del parto, durante i quali illustro le gioie ed anche le difficoltà che la nascita di un bimbo procura ai genitori. Questo mi consente di valutare la loro disponibilità ad accettare gli importanti cambiamenti della propria vita, finalizzati al bene del bambino e, per quanto riguarda le donne, in sostanza, il loro modo di essere MAMMA. Dall’approccio che queste future mamme hanno con me, (in base a quello che mi dicono e quindi dalle loro reazioni), mi risulta facile indovinare quali saranno i comportamenti dei loro figli.

Ci sono quelle mamme che mi dicono: “La ringraziamo per la franchezza che ha usato,  ma io e mio marito siamo disposti a rinunciare a qualcosa perché ci rendiamo conto che qualunque  sacrificio sarà compensato abbondantemente dalla gioia di avere un figlio“. Ce ne sono altre che invece mi chiedono: “Professore, lei che conosce l’ambiente non potrebbe trovarci una puericultrice fidata, che si prenda cura del bambino per i primi mesi?” e per giustificarsi proseguono: “Noi abbiamo preparato la stanza del bambino, quindi pensiamo di lasciarlo tranquillo da solo senza disturbarlo. Di notte potrà venire una signora a dormire con lui“. Altre ancora fanno l’elenco delle paure: “Ho paura che pianga troppo”. “Ho paura che non dorma”. “Ho paura che non mangi”. “Ho paura che non cresca“.

Questi ultimi due gruppi pronunciano frasi rivelatrici che denotano (ed ecco che sembra che io diventi severo) una forma di egoismo (anche se involontario) e di immaturità per il ruolo genitoriale. Non accettano che il bambino potrà portare con sé il fastidio di dovere incominciare ad occuparsi di problemi che disturbano la loro tranquilla routine. Sono quelle che dicono: “Prima che arrivasse lui, eravamo tanto sereni”.

Non mi sento di rimproverarle, ma le avviso che i loro bambini potrebbero presentare proprio i problemi di cui hanno tanta paura.
La “disponibilità affettiva” è indispensabile per dare al bimbo la sensazione di essere accettato, sensazione che gli dà sicurezza e gli permette di dedicare tutte le sue energie al suo processo di crescita, senza sprecarle per “tamponare” frustrazioni ed angosce. Quindi le mamme che hanno paura che pianga, sono a rischio di avere un bambino che pianga, quelle che hanno paura che non dorma ecc. ecc.

Perché questo? Perché non bisogna sottovalutare le capacità intellettive e la sensibilità del bambino che anche appena nato è in grado di percepire lo stato di tensione psicologica della sua mamma che gli crea una situazione ambientale non favorevole, alla quale lui reagisce con comportamenti anomali (non dormendo, piangendo ecc. ecc.).

Perché, mie care mamme, questi sono veri e propri comportamenti anomali! Il neonato sano, infatti, (ed il 99,9% sono sani), se viene soddisfatto serenamente nei suoi fabbisogni naturali che sono mangiare e dormire, lui mangia e dorme. Ma le mamme di cui ho parlato non ci credono e pensano che io sia un illuso ottimista. Invece io sono uno che dice che: “le mamme nei primi anni di vita hanno il bambino che si meritano!”.

Ma vi voglio anche parlare di un altro aspetto dell’atteggiamento materno che può caratterizzare negativamente i comportamenti del bambino nei primi anni di vita: le abitudini non spontanee, cioè abitudini non richieste dal bambino, ma indotte dai genitori (quasi sempre dalla mamma) nella convinzione di fare cosa gradita al bimbo e che nascondono, dietro di loro, il desiderio di gratificare se stesse, in una sorta di autolesionistica e generosa disponibilità a sacrificarsi per i propri figli. La mamma che adotta questo comportamento è molto spesso una mamma insicura, che si sente in “obbligo” di dare al bambino cose a lui non necessarie e da lui non richieste.

Purtroppo, però, una volta acquisite, queste abitudini, diventeranno per lui indispensabili. Non sono affatto contrario a queste “abitudini”, anzi spesso le condivido, perché mi sembrano un rassicurante e bell’esempio di quel che deve essere il rapporto fra mamma (soprattutto) e bambino. Tuttavia mi sento in dovere di metterle sull’avviso: una volta date, queste “abitudini” diventano gravose da sostenere. Oltretutto, e su questo aspetto sono abbastanza poco flessibile, devono essere abbandonate spontaneamente dal bambino e non sottratte con autorità dai genitori (quando non ce la fanno più).

E’ mio dovere mettervi in guardia, poi fate come volete, ma consapevolmente! Per potervi aiutare, vi cito le più comuni:

  • Accorrere a ogni risveglio: I bambini, nel primo anno di vita, ne hanno almeno 4/5. Accorrere tranquillizza la mamma apprensiva, fa piacere al bambino (io non mi oppongo) ma la mamma deve sapere che la sua presenza diventa anche parte integrante dei rituali di riaddormentamento del bambino, che per riprendere il sonno, una volta innescato il meccanismo, la richiederà sempre.
  • Dormire nel lettone: Non sono contrario. Spesso in particolari situazioni, lo incoraggio anche io. Bisogna sapere però, che se inizialmente può anche essere motivo di piacere per i genitori, a lungo andare diventa faticoso.
  • Tenere il bambino attaccato al seno per ore: Il seno perde progressivamente la sua funzione nutritiva ed acquista sempre più quella consolatoria. Il seno sostituisce il ciuccio o il pollice o il lenzuolino ma con maggiori difficoltà “organizzative”, come è facile intuire.
  • Fare addormentare i bambini al seno: Anche questo può essere un comportamento inizialmente gratificante, ma a lungo andare… scomodo.
  • Dare un biberon di camomilla o di latte per far addormentare il bambino: E’ una cattiva abitudine e non una necessità alimentare.
  • Tenere molto il bambino in braccio
  • Passeggiare con il bambino in braccio alzando ritmicamente le braccia cullando il bambino e muovendosi lentamente facendo un passo avanti, uno di lato ed uno indietro in una specie di lenta danza: Quest’ultimo è l’atteggiamento di una mamma insicura che trasmette la sua insicurezza, e l’ansia che ne deriva, al suo bambino.

Dalla stessa categoria

Lascia un commento

Correlati Categoria