Parto anonimo, cos’è e come funziona in Italia

di Cinzia Rampino


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In Italia, così come in altri Paesi del mondo, è possibile partorire in anonimato. Questa procedura di parto anonimo è garantita dalle legge, Art. 30 comma 2 D.P.R 396/00 che garantisce:

  1. Piena assistenza alle partorienti in ospedale
  2. Possibilità di lasciare il neonato in ospedale nel più totale anonimato
  3. Certezza il bambino che sarà al sicuro finché non verrà adottato ad una famiglia

Che cos’è e come funziona il parto anonimo?

Prima di tutto è bene comprendere che il parto in anonimato è non solo un diritto della madre di partorire anche quando voglia rimanere anonima, ma anche il riconoscimento del diritto del nascituro di venire al mondo, evitando così l’aborto, l’abbandono e l’infanticidio.

Con il parto anonimo, perciò, il nome della madre rimane segreto (per 100 anni) e sul certificato di nascita del bambino verrà scritto: “nato da donna che non consente di essere nominata”.

Inoltre, in alcune città e in alcuni ospedali italiani, anche quando il parto non avviene in ospedale la donna può lasciare il bambino in speciali culle termiche, dotate di sensori che segnalano la presenza del neonato in modo totalmente anonimo, nella certezza che saranno subito accuditi da personale specializzato e sottoposti alle cure necessarie. La struttura ospedaliera deve essere in grado – tramite tutti i suoi operatori amministrativi e socio-sanitari – di dare piena attuazione ai diritti della donna previsti dalla legge, consentendo a quest’ultima di operare una scelta libera e responsabile circa la volontà di riconoscere o meno il proprio bambino.

Adottabilità dei bambini nati con parto anonimo

Nel momento in cui la mamma dichiari la propria volontà di non voler riconoscere il bambino, la Direzione Sanitaria deve fare una immediata segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni. Si aprirà, così, un procedimento di adottabilità del bambino a cui verrà data la possibilità di crescere ed essere educato da una nuova famiglia.

La madre ha 2 mesi di tempo per decidere se riconoscere il figlio oppure, nel caso non abbia ancora sedici anni, può attendere fino alla maggiore età per il riconoscimento. Inoltre, se la madre non può riconoscere il figlio per particolari motivi di carattere temporaneo, lei potrà chiedere al Tribunale per i Minorenni la sospensione della procedura per l’adozione per un periodo in cui deve continuare a frequentare il proprio figlio con continuità.

Diritti per il figlio nato in anonimato

Fino a poco tempo fa il figlio adottato, nato da madre che ha scelto di restare anonima, non aveva il diritto di accedere alle informazioni sulla sua famiglia biologica, in quanto il diritto della madre alla segretezza era considerato dalla legge prevalente rispetto a quello del figlio.

Tale limite, inteso in senso assoluto, tuttavia ha trovato una recente apertura con la pronuncia di una sentenza della Corte Costituzionale, in virtù della quale la donna sarà libera di scegliere (facoltà finora preclusale) se revocare o meno il proprio anonimato qualora il figlio abbia manifestato la volontà di conoscerla.

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