Affido di minore: quando una famiglia è in difficoltà

Come purtroppo la cronaca ci ricorda fin troppo spesso, esistono situazioni di grande disagio familiare in cui, a fare le spese maggiori, sono soprattutto i più piccoli. Non sempre, infatti, una famiglia è in grado di rispondere alle esigenze ed ai bisogni, anche primari, di un bambino; talvolta per inadeguatezza, ma talvolta anche per cause indipendenti dalla volontà dei genitori. Una famiglia, infatti, può attraversare periodi di seria difficoltà che non le permettono di assolvere le proprie responsabilità nei confronti dei figli: si pensi al caso in cui un genitore sia affetto da una grave malattia (magari psichica) o perda quel lavoro che era l’unica fonte di sostentamento familiare, oppure al caso in cui finisca in prigione, oppure stia attraversando problemi di tossicodipendenza o di alcolismo.

I minori che si trovano in una situazione così grave vengono protetti attraverso un provvedimento che li allontana provvisoriamente dalla loro famiglia d’origine e li affida ad un’altra famiglia che abbia le capacità per accoglierli e per far fronte alla situazione. È la famiglia stessa di origine che può rivolgersi ai servizi sociali e segnalare la propria difficoltà, oppure la segnalazione al servizio sociale può arrivare dalla scuola, o da chiunque venga in contatto col minore e ne sospetti un disagio.

I servizi sociali possono creare, assieme alla famiglia in difficoltà, un piano d’azione che preveda l’aiuto da parte di una famiglia o di un single iscritto in un’apposita lista di persone disponibili all’affido temporaneo di minori; se manca invece la collaborazione della famiglia di provenienza, i servizi sociali, una volta accertata la sua inadeguatezza, si rivolgono al Tribunale per i Minorenni affinché disponga l’allontanamento del minore.

L’affido del bambino o del ragazzo può essere disposto part-time, solo diurno, oppure residenziale presso la famiglia affidataria; può però anche assumere diverse forme, meno impegnative: ad esempio l’accompagnamento a scuola o presso centri ludici e/o sportivi, un aiuto nello svolgimento dei compiti scolastici a casa e così via. I servizi sociali scelgono la persona o la famiglia che, per le sue caratteristiche, è più adatta alla specifica situazione, e svolgono il compito di sorveglianza e di sostegno della famiglia o della persona che si assume la responsabilità di ausilio del minore in difficoltà.

La famiglia affidataria avrà un contributo economico per le spese di mantenimento che sostiene per il minore, ed avrà accesso agli stessi benefici relativi ai congedi lavorativi e riposi di cui possono fruire i genitori. Per diventare possibili affidatari non occorre essere sposati o essere in coppia: l’affido, a differenza dell’adozione, è un rapporto a tempo determinato (di norma, massimo per due anni!) che prevede una continuità con la famiglia naturale ed un costante rapporto con essa.

Lo scopo dell’affido è quello di porre immediato rimedio ad una situazione di grave difficoltà, lavorando fin da subito per il reinserimento nella famiglia d’origine, non appena la difficoltà sia stata superata: per questo è necessario che chi si propone come affidatario sia dotato di grande equilibrio e capacità di far fronte all’angoscia non solo del minore, ma anche della sua famiglia.

Presso i servizi sociali sono attive delle equipe interdisciplinari costituite almeno da un assistente sociale e da uno psicologo; tali equipe hanno la funzione di occuparsi a tutto campo dell’affido: pubblicizzano l’affido cercando sempre nuove risorse, sostengono le famiglie affidatarie con colloqui periodici, accompagnano il minore durante tutto il tempo dell’affido, e sostengono fortemente la famiglia problematica, cercando di assisterla e di favorire il reinserimento del minore nel più breve tempo possibile.

Per iscriversi nelle liste delle persone disponibili all’affido temporaneo di minori è necessario proporre la domanda presso i servizi sociali territorialmente competenti e sostenere una serie di colloqui ed incontri, durante i quali si valuterà in maniera più approfondita la reale portata di ciò che si è disposti a compiere. Con nuova consapevolezza, al termine del percorso, si sarà pronti per decidere se intraprendere o meno un’esperienza che, per le numerose difficoltà che porta con sé, ma anche per l’intrinseca positività del suo fine (aiutare un bambino in difficoltà), potrebbe rivelarsi una delle più edificanti della nostra vita.

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