Debora Pelamatti, moglie di Max Pezzali: “Ero vittima di un amore malato”

di Alice Marchese


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Max Pezzali e sua moglie, Debora Pelamatti prima di innamorarsi sono stati a lungo amici. Lei ha rilasciato un’intervista a Selvaggia Lucarelli in cui si è raccontata senza filtri, descrivendo le sue esperienze sentimentali prima di Max Pezzali. La riporta il Corriere della Sera.

Debora Pelamatti e l’intervista per Selvaggia Lucarelli

Debora Pelamatti è laureata in Legge, affermata sul lavoro, ha svelato di essere stata prima con un altro ragazzo che pensava fosse il suo grande amore.

“Per il mio compleanno affitta un’intera spiaggia a Camogli facendola addobbare con candele. Mi diceva che ero la donna della sua vita, che l’amore l’aveva sognato così. Mi aveva messa al centro della sua vita, apparentemente. Finché una sera passo davanti casa sua e vedo una tizia che sta per entrare. Mi fermo, le chiedo cosa faccia lì, lei ammette di avere una relazione con il mio uomo. Saliamo in casa insieme, io volevo avere delle spiegazioni. Lui nel panico urla che lei è una squilibrata, che si è inventata tutto. Nel frattempo lei piangeva in un angolino”.

“Pensavo di meritare di soffrire”

Nell’intervista spiega però che quello nonostante tutto era l’uomo di cui era innamorata e pensava che dovesse star con lui sebbene il dolore lancinante. “Piano piano ho iniziato a mentire a tutti, anche a mia sorella. Facevo pensieri strani, pensavo di meritare di soffrire per quella che evidentemente era una causa superiore. Scopro che aveva scritto a venti donne lo stesso messaggio: “Mi manchi, non vedo l’ora di fare l’amore come l’ultima volta”. Eravamo insieme da 5 anni, era l’ennesima mortificazione. Lo affronto, lui mi prende la testa e inizia a sbattermela contro l’asse del water: “Stronza, io stavo giocando!”».

Debora Pelamatti e Max Pezzali: la loro storia d’amore

“Una sera lui mi prende a calci e come ulteriore sfregio mi versa una bottiglietta d’acqua addosso. Chiamo Max, lui viene subito ma abbiamo paura che andando al pronto soccorso insieme il giorno dopo i giornali scrivano tutto. Ho un orecchio tumefatto e mi gira la testa, chiamiamo un’amica che mi porta in ospedale. Max mi confessa di essersi innamorato di me ma di non essere disposto ad assistere a quello scempio che stavo facendo della mia vita, dice che non mi riconosce più e non vuole soffrire, che non mi avrebbe più risposto. Per tre giorni non mi risponde al telefono, mentre l’altro continuava a cercarmi. Allora la notte della Befana salgo in macchina in pigiama e all’una suono il campanello di casa sua. Gli dico che lo amo». Era il 6 gennaio del 2013.

“Non mi riconosco. Pochi sanno questo mio dolore”

“L’altro mi mandava messaggi furibondi dicendo che Max era solo un ciccione tatuato, che non era l’uomo per me, ma non contava più nulla. Penso alla donna che ero in quel periodo ed è come se stessi pensando a un’altra persona. Non mi riconosco. Se ci ripenso me ne vergogno. Pochi sanno di questo mio dolore”. E alla domanda: hai mai pensato che Max possa essere stato “un sostituto”? La risposta è onesta: “Certo, anche Max se lo è chiesto. E la risposta è che Max non è stato una ruota di scorta, è stato fin da subito l’amore sano, l’amore pulito. E anche la cura”.

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