GF VIP 7, Elenoire Ferruzzi: “Il mio nome era Massimo”

di Manuela Zanni


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Sono trascorsi appena tre giorni da quando i concorrenti hanno varcato la soglia del Grande Fratello Vip 7 e già ci sono le prime confessioni intime. In questo caso stiamo parlando di Elenoire Ferruzzi, la prima trans a prendere parte al reality condotto da Alfonso Signorini.

Elenoire Ferruzzi parla della sua transizione

Elenoire Ferruzzi è una concorrente della settima edizione del Grande Fratello Vip e già nella sua clip di presentazione ha parlato della sua transessualità rivelando addirittura il deadname, generalmente argomento tabù per le persone transgender. “Sono un’artista, sono un’attrice, sono un’icona gay e sono una donna all’ennesima potenza! Una donna plus!” – e ancora – “Il mio nome di battesimo era Massimo, ma Massimo ed Elenoire sono praticamente la stessa persona. Io ero una bambina in un corpo sbagliato, non volevo che la mia vita fosse una bugia e me ne sono sempre fregata altamente del giudizio altrui”.
Da quando ha vent’anni, infatti, Elenoire Ferruzzi vive apertamente alla luce del sole la sua femminilità. Tempo fa su Twitter ha pure confessato di essersi sottoposta alla  vaginoplastica, un intervento lungo e doloroso durato ben tredici ore.

Elenoire Ferruzzi

Elenoire Ferruzzi

Cosa è il deadname?

 

In inglese si dice “deadnaming”, e allude all’atto, intenzionale o no, di riferirsi a una persona transgender con il suo nome di nascita, ovvero il suo “dead name”. Lo si chiama così perché, per l’appunto, allude a qualcosa che non esiste più, che è “morto” nel momento in cui la persona ha scelto il nome che rappresenta la sua vera identità. Perché è così importante per le persone transgender che gli altri utilizzino il loro “nuovo” nome, ovvero quello che hanno scelto per loro stessi, e smettano di usare invece il loro birth name? Perché così facendo dimostrano di accettarli per quello che sono.

Elenoire Ferruzzi

Elenoire Ferruzzi

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Per una persona cisgender, ovvero la cui identità di genere combacia con il sesso biologico, il suo nome di battesimo, così come si definisce in italiano, è semplicemente un nome. Gli può piacere o non piacere, ma di fatto è solo un suono, una somma di lettere a cui risponde quando viene chiamato, o con cui si firma. Per una persona trasngender invece, quel nome è una condanna: quella di essere confinato in un’identità che però non gli appartiene. Per questo il nome che scelgono, con cui vogliono essere chiamati, è un simbolo: quello della libertà di essere loro stessi.

Il cortometraggio di Starbucks UK sulla transizione

Il cortometraggio di Starbucks UK descrive perfettamente questo concetto: vincitore del premio Channel 4 nella categoria Diversity agli Advertising Awards 2019, fa parte della campagna #whatsyourname, che punta a sottolineare l’importanza del nome tra per le persone transgender. La campagna va a sostegno della community e finanzia le attività di Mermaids, un’organizzazione che supporta gli adolescenti e le famiglie che stanno affrontando un processo di transizione e hanno bisogno di supporto e sostegno psicologico.

Cosa significa il termine Transgender

Per una persona transgender il genere attribuito alla nascita (donna o uomo) e quello legato alla propria identità, non coincidono. Ossia c’è una discrepanza tra il sesso biologico e quello di genere.

Differenza tra transgender e transessuale

Le persone transgender non necessariamente sentono il bisogno di affrontare la transizione ormonale e chirurgica per modificare il proprio aspetto e/o i propri genitali. Le persone transessuali sono invece coloro che hanno sentito l’esigenza di compiere un percorso di transizione, correttamente definito di “riattribuzione chirurgica del sesso”. Se vogliamo essere proprio precisi, da quanto leggiamo in rete, è preferibile utilizzare sempre il termine “transgender”, considerato più inclusivo. Transgender non è  affatto un sinonimo di travestito.

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