Figli: decisioni difficili per il Tribunale

Solo pochi giorni fa ha fatto molto discutere la notizia dei due genitori avanti con gli anni (il padre ha 70 anni e la madre 57) che si sono visti portar via la loro bambina perché, a dire del Tribunale per i Minori di Torino, la loro età impediva loro di accudire la figlia con la dovuta pazienza. Ultimamente, però, i media danno sempre più spesso visibilità a genitori vip non più giovanissimi, che però non hanno subito niente di simile (Nicole Kidman, Monica Bellucci, Julia Roberts sono mamme over 40; che dire poi di Gianna Nannini ed Heather Parisi, mamme over 50!!!).

Il fatto di cronaca che ho citato e che è al centro di molte polemiche, mette in luce come il Tribunale per i Minori del nostro Paese avrebbe bisogno di una serie ristrutturazione (e non è sicuramente l’unica Istituzione che lo richiederebbe). 

Al di là del contenuto del provvedimento che riguarda la famiglia di Torino, sono sicuramente da rivalutare le modalità con cui vengono affrontate in Italia le questioni che riguardano i bambini e le loro famiglie. Non poche polemiche ha infatti suscitato negli anni la procedura che spesso si adotta presso il Tribunale per i Minorenni per sottrarre i figli alle famiglie ritenute inidonee.

In genere, Il Tribunale per i Minorenni, spesso partendo da semplici segnalazioni, apre un procedimento e dispone provvedimenti provvisori ed urgenti solo sulla base di una relazione che compilano gli assistenti sociali, senza aver prima ascoltato le parti, come vorrebbe il rispetto delle più basilari regole di civiltà giuridica.

Questo comportamento viene giustificato dal Tribunale con motivazioni quali l’urgenza e la provvisorietà dei provvedimenti presi, i quali tra l’altro non sono appellabili e quindi limitano in qualche modo la potestà dei genitori ma concedono ai servizi sociali una delega in bianco per controllare la situazione della famiglia in questione.

Inoltre, data la proverbiale lentezza del procedimento davanti al Tribunale per i Minorenni, quelli che dovevano essere provvedimenti provvisori diventano definitivi per forza d’inerzia e magari trascorrono sette, otto mesi, prima che venga finalmente fissata un’udienza di discussione in cui i genitori possano dar luogo al loro imprescindibile diritto alla difesa; ed intanto i provvedimenti provvisori vengono prorogati

A mio parere, prima di adottare un provvedimento relativo ad un minore, dovrebbero essere sentiti non solo i genitori, ma anche tutti coloro che in qualche modo sono figure di riferimento per il minore e per la famiglia, perché al Giudice possa avere un quadro il più completo possibile della situazione. In questo modo il minore diventerebbe ciò che la legge aveva già previsto che dovesse essere: soggetto di diritti e non oggetto di diritti.

In questi casi è necessario agire con la massima cautela perché allontanare ingiustificatamente un bambino dalla sua famiglia crea, a tutti i soggetti interessati, un danno difficilmente riparabile, soprattutto se l’allontanamento si protrae per anni, come è successo a quella famiglia di Milano che da poco tempo ha riavuto i suoi tre figli ingiustamente allontanati per cinque lunghissimi anni.

Senza contare l’enorme costo che questa procedura, a volte insensata e nociva, comporta: si calcola infatti che ci siano in Italia circa 32.000 bambini alloggiati presso le case famiglia, al modico costo (per lo Stato) di circa duecento euro al giorno ciascuno.

E’ evidente che per molti di quei bambini è necessario che vengano allontanati da famiglie che hanno abusato di loro nel peggiore dei casi, o, nel migliore, non erano in grado affatto di contribuire alla loro crescita sana ed equilibrata.

Ma, mi domando: non si potrebbero destinare le risorse che lo Stato impiega ad un vero e concreto sostegno alle famiglie, dato che molto spesso potrebbe bastare un piccolo ma reale affiancamento per rendere idonea una famiglia che da sola non riesce ad esserlo?

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