Benessere

Demenza, studio identifica un nuovo fattore di rischio

La demenza è un disturbo che colpisce almeno 50 milioni di persone nel mondo, rappresentando una delle principali cause di perdita di autonomia. “Si manifesta con un progressivo deterioramento della memoria e delle funzioni cognitive, nonché con disturbi del comportamento”, precisa l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ricercatori dell’Università di Exeter, in Inghilterra, e dell’Università del Queensland, in Australia, hanno scoperto che le persone più esposte a diversi problemi di salute, come cadute o malattie croniche, sono più suscettibili a sviluppare una malattia neurodegenerativa. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista JAMA Neurology.

Soffrire di diverse patologie durante l’invecchiamento aumenta il rischio di demenza

Il punto di partenza di questa ricerca è stata la constatazione che il ritmo di invecchiamento varia da persona a persona. I ricercatori hanno osservato che, con l’avanzare dell’età, alcune persone possono accumulare diversi problemi di salute, come malattie croniche. Questa differenza viene definita dai ricercatori come fragilità, ovvero “uno stato di salute legato all’invecchiamento (…) che rende gli individui più suscettibili a subire effetti negativi sulla salute come cadute, disabilità e ricoveri”.

I ricercatori hanno quindi voluto differenziare i diversi gradi di fragilità e gli effetti che questi possono avere sul rischio di malattie degenerative. Per fare ciò, si sono basati sui dati di quasi 30.000 partecipanti iscritti a quattro studi nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Questi dati hanno permesso ai ricercatori di rilevare cambiamenti nella salute e nel funzionamento delle persone 20 anni prima di una diagnosi di demenza.

Individuare i segni di “fragilità” durante l’invecchiamento potrebbe ridurre il rischio di demenza

Hanno scoperto che questa “fragilità” aumenta il rischio di demenza in una persona. Più precisamente, questi risultati “mostrano che con 4 o 5 problemi di salute aggiuntivi, il rischio di sviluppare demenza è in media del 40% più elevato, mentre per le persone in migliore forma, il rischio è inferiore”, riassume in un comunicato il Dr. David Ward del Centro di ricerca sui servizi sanitari.

Da parte sua, il professor David Llewellyn della Facoltà di Medicina dell’Università di Exeter, ritiene che “questo studio sia cruciale perché identifica la fragilità come un predittore significativo del rischio di demenza”. Quest’ultimo precisa che ciò offre “una potenziale via per un intervento precoce volto a migliorare i risultati in termini di salute”.

Nel comunicato, il Dr. David Ward spiega che “comprendendo il legame tra invecchiamento, fragilità e demenza, possiamo utilizzare strategie di intervento mirate per ridurre i rischi e migliorare la qualità della vita”. Gli autori chiedono quindi di inserire lo screening della “fragilità” negli esami di routine e di incoraggiare interventi sullo stile di vita, come l’esercizio fisico regolare e una dieta equilibrata, che ricordiamo aiutano a prevenire l’insorgenza della demenza. Fonte: Femme Actuelle.

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