Scuola, chi è abilitato all’estero potrà fare supplenze? Protestano i docenti di sostegno

di Romina Ferrante


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Il caso, che rischia di trasformarsi nell’ennesima guerra tra docenti precari, è esploso dopo che è stata diffusa la notizia di un possibile dietrofront del governo sui titoli conseguiti all’estero dai docenti di sostegno.

La FLC CGIL ha infatti reso noto con un comunicato che il Ministero dell’Istruzione sta per cambiare idea sui titoli di sostegno e di abilitazione conseguiti all’estero per far fronte alla carenza di organico. Sarebbe in via di preparazione, infatti, un’ordinanza che consentirà di conferire contratti a tempo determinato agli insegnanti di sostegno che hanno ottenuto il titolo all’estero.

Un’ordinanza che ha scatenato le proteste di chi si è duramente specializzato in Italia e che dopo le polemiche di questi giorni è stata al momento stoppata dal Ministero.

La protesta dei docenti specializzati sul sostegno

Forse non tutti sanno che all’estero per ottenere l’abilitazione sul sostegno non è necessario un test di selezione. In Italia invece per abilitarsi è indispensabile seguire degli appositi percorsi di specializzazione a cui si accede tramite diverse prove e con stringenti requisiti. In più gli aspiranti docenti di sostegno devono svolgere 150 ore di tirocinio diretto e 75 ore di tirocinio indiretto.

Ecco perché negli ultimi tempi sono cresciuti a dismisura i titoli conseguiti in paesi come la Bulgaria, la Spagna e la Croazia, molto più semplici da conseguire.

Quest’anno il Ministero ha ricevuto oltre 2 mila domande di convalida del titolo di sostegno conseguito all’estero. Segno che la scelta di abilitarsi in modo più semplice all’estero è ormai una pratica diffusa.

L’anno scorso i docenti abilitati o specializzati sul sostegno all’estero ancora in attesa di riconoscimento da parte del Ministero, sono stati inseriti con riserva nella prima fascia delle GPS (Graduatorie Provinciali di Supplenza), ma non è stato possibile assegnargli incarichi di supplenza fino allo scioglimento della riserva.

La recente notizia di un’ordinanza che darà in buona sostanza il “libera tutti” ha scatenato l’ira degli specializzati sul sostegno: “Noi ci specializziamo con mesi di sacrifici ed esami, all’estero titoli rilasciati con estrema facilità”.

Il rischio è che chi è già inserito in graduatoria possa essere scavalcato da chi ha ottenuto i titoli attraverso modalità non certificate dalla normativa italiana.

Il problema reale sta, però, nella mancanza di percorsi abilitanti omogenei e di un adeguato numero di TFA sul territorio nazionale e nella ciclica carenza di insegnanti di sostegno che la scuola ad ogni anno scolastico si trova ad affrontare in attesa di un concorso bloccato da 3 anni.

La lettera del Comitato specializzati sul sostegno in Italia

Come ha ribadito il Corriere della Sera in un articolo di approfondimento sull’argomento le perplessità sull’ammissione dei docenti di sostegno abilitati all’estero sono molte, dubbi sottolineati dal “Comitato specializzati sul sostegno in Italia” in una lettera inviata proprio alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

La lettera affronta punto per punto la questione. Tra i nodi principali c’è sicuramente la maggiore facilità di accesso al percorso di abilitazione all’estero, rispetto a quello italiano. All’estero non è necessario sostenere prove di accesso, né svolgere un tirocinio.

Se in Italia poi occorre un corso di specializzazione per ogni ordine e grado scolastico, “i titoli esteri sono validi per più gradi scolastici. I colleghi specializzati all’estero finirebbero così per scavalcare i colleghi che si sono specializzati in Italia, potendo essere inseriti anche nelle GPS prima fascia sostegno della secondaria di primo grado”.

Come ricorda il comitato “i docenti specializzati in Italia inseriscono il proprio titolo con riserva, durante il periodo di apertura delle famose “finestre”, chiamati poi a sciogliere la riserva al conseguimento effettivo del titolo, pena la mancata assegnazione dell’incarico. Perché allora gli “specializzati” all’estero dovrebbero poter partecipare alla suddetta assegnazione senza sciogliere la riserva?”

“In uno dei Paesi che rilasciano tale specializzazione, la Romania, non esiste neanche il concetto di inclusione che è alla base della formazione di ogni docente specializzato in Italia nonché alla base della normativa vigente inerente tutti gli alunni con Bisogni Educativi Speciali” – prosegue il comitato.

“Permettere a docenti inseriti con riserva nelle GPS sostegno di fare domanda per l’assegnazione degli incari annuali e/o al 30 giugno – prosegue il comitato – significa pure consentire loro di partecipare all’assegnazione di posti di ruolo con la conseguenza che in Italia ci sarebbero centinaia di docenti stabilizzati il cui titolo non è mai stato ufficialmente e legalmente riconosciuto”.

Il risultato è che mentre il titolo di specializzazione in Italia “viene conseguito con merito e sacrifici: otto mesi di frequenza; dieci insegnamenti e nove laboratori con relativi esami; progetto e relazione finale di tirocinio e tesi finale”, agevolando chi ha acquisito il titolo all’estero si inseriscano docenti senza reali competenze (non è prevista all’estero nemmeno la conoscenza del PEI, strumento essenziale per il lavoro dell’insegnante di sostegno) a discapito degli stessi alunni disabili e delle loro famiglie.

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