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Uccise Alexandra a martellate, in primo grado viene condannato a 24 anni ed evita l’ergastolo

È arrivata oggi la sentenza di primo grado nei confronti di Avni Mecja, il 29enne operaio edile accusato di omicidio pluriaggravato per aver ucciso a martellate la compagna 35enne Alexandra Elena Mocanu nel loro appartamento di Bolzano lo scorso 22 ottobre 2022.

Carcere e risarcimento

La Corte d’Assise di Bolzano, dopo aver ascoltato le richieste dell’accusa e della difesa, ha condannato Mecja a 24 anni di reclusione, evitando così la richiesta di ergastolo avanzata dalla pm Federica Iovene. Il giudice ha infatti riconosciuto la presenza di attenuanti generiche, come confessato dalla difesa, che bilanciano le aggravanti contestate per la natura del rapporto tra vittima e carnefice (erano conviventi) e per i precedenti di Mecja, che era già stato condannato per stalking ai danni della donna. Oltre alla pena detentiva, la Corte ha anche disposto per Mecja l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e un risarcimento complessivo di 320mila euro in favore delle parti civili, in particolare il figlio minorenne della vittima.

Le preoccupazioni di Alexandra per il futuro del figlio

Proprio il futuro del bambino era una delle principali preoccupazioni di Alexandra, come emerso anche durante il processo: la donna lavorava infatti come barista per potergli mandare dei soldi nel suo paese d’origine, la Romania.

La ricostruzione del delitto e la confessione di Mecja

Il delitto risale alla sera del 22 ottobre 2022, quando la coppia rientrò nell’appartamento di viale Trieste a Bolzano dopo una lite in auto per motivi di gelosia. Secondo quanto ricostruito, Mecja colpì due volte Alexandra alla testa con una mazzuola da muratore. Subito dopo cercò anche di coprire il cadavere e di procurare la morte per soffocamento, come lui stesso ammise nella confessione resa davanti agli inquirenti subito dopo aver compiuto il femminicidio e prima di costituirsi.

Le divergenze tra accusa e difesa

Una confessione che per la difesa è stata decisiva per convincere della pentimento dell’uomo, mentre per l’accusa sarebbe stata dettata solo da interessi personali. In alcune intercettazioni telefoniche con la madre, Mecja pronunciò infatti frasi molto dure nei confronti della vittima, dicendo “se l’era cercata” e di averla ripetutamente minacciata. La difesa ha però fatto leva anche sulla collaborazione data nelle indagini, in particolare per il ritrovamento dell’arma del delitto.

Una “morte annunciata”

L’omicidio di Alexandra ha destato grande. La donna aveva sporto diverse denunce contro il compagno prima della tragica fine senza però ottenere risultati. Le associazioni che si battono contro la violenza sulle donne avevano parlato di una “morte annunciata“.

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