La fuga disperata di Desyrèe dall’ex fidanzato assassino: “Sparami tu, mi ha detto”

di Redazione


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“Sparami tu, ha detto. A quel punto sono fuggita di nuovo e ho scavalcato la finestra”. Con queste parole Desyrèe Amato, giovane di Cisterna di Latina, ha raccontato agli inquirenti la sua disperata fuga dopo che l’ex fidanzato Cristian Sodano aveva ucciso sua madre Nicoletta Zomparelli e sua sorella Reneè nell’abitazione di famiglia.

La ricostruzione della tragica serata

Secondo la ricostruzione della ragazza, tutto è iniziato quando, dopo aver manifestato più volte la volontà di lasciare Sodano, la sera precedente alla tragedia aveva acconsentito che lui dormisse a casa sua, convinto che la loro relazione continuasse. Quella notte però, dopo una lite in casa, Sodano ha impugnato una pistola e ha sparato prima a Reneè e poi alla madre Nicoletta, uccidendole. Vedendolo avanzare armata, Desyrèe è fuggita disperatamente per salvarsi la vita.

Il racconto della fuga di Desyrèe

“Ho cominciato a urlare con tutto il fiato che avevo in corpo e sono scappata” ha raccontato la ragazza. La sua fuga si è consumata in più momenti: prima si è rifugiata in bagno, poi nella camera della sorella e infine è riuscita a scappare dalla finestra, nascondendosi in una legnaia. Solo a quel punto è riuscita a chiamare i soccorsi quando ormai per la madre e la sorella non c’era più nulla da fare.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Sodano usava spesso la minaccia del suicidio quando Desyrèe tentava di lasciarlo. La sera dell’omicidio tra i due c’era stata una lite, non particolarmente violenta, ma poi degenerata in tragedia. L’uomo infatti non avrebbe accettato la fine della relazione.

Le parole dell’assassino

Davanti al giudice, il reo confesso Sodano, appartenente alla Guardia di Finanza, ha spiegato: “Il primo colpo l’ho sparato a Renèe, ma quando ho visto che non era ancora morta, ho sparato ancora perché non volevo farla soffrire. Non volevo uccidere Desyrèe, volevo suicidarmi, non so cosa mi si sia preso”. E ancora: “Ho capito la gravità di quello che avevo commesso quando sono arrivato a casa del mio parente a Latina a cui avevo telefonato poco prima dicendogli ‘ho fatto un casino'”.

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