Attualità

Femminicidio Tramontano: Impagnatiello resta all’ergastolo, ma cade la premeditazione

Il 27 maggio 2023, Giulia Tramontano, 29 anni e incinta di sette mesi, è stata uccisa con 37 coltellate nella sua abitazione a Senago, vicino Milano. Il responsabile, il compagno Alessandro Impagnatiello, è stato condannato all’ergastolo anche in secondo grado dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano oggi, mercoledì 25 giugno.

La sentenza, che conferma il verdetto di primo grado, ha però escluso l’aggravante della premeditazione, suscitando reazioni contrastanti, tra cui l’indignazione della sorella di Giulia, Chiara Tramontano.

Un verdetto atteso in un’aula carica di tensione

L’aula del Palazzo di Giustizia di Milano era gremita. Alessandro Impagnatiello, 32 anni, ex barman, è apparso in tribunale con una camicia a quadretti azzurri, seduto accanto alla sua legale, Giulia Geradini. Di fronte a lui, in seconda fila, i genitori di Giulia, Franco Tramontano e Loredana Femiano, attendevano il verdetto con il fiato sospeso. Dopo appena due ore di camera di consiglio, la Corte, presieduta da Ivana Caputo, ha confermato l’ergastolo, mantenendo le aggravanti della crudeltà e del rapporto di convivenza, ma escludendo quella della premeditazione. Impagnatiello è rimasto impassibile alla lettura della sentenza, mentre i genitori di Giulia sono scoppiati in lacrime.

I fatti: un femminicidio brutale

L’omicidio di Giulia Tramontano risale alla sera del 27 maggio 2023. Quel pomeriggio, Giulia aveva affrontato la donna con cui Impagnatiello intratteneva una relazione parallela, scoperta che aveva fatto crollare il “castello di bugie” dell’uomo. Tornata a casa, Giulia è stata aggredita dal compagno con 37 coltellate, di cui 11 inferte mentre era ancora viva. Tre colpi al viso, non mortali, sono stati interpretati dalla procura come un tentativo di sfigurarla, un gesto di “odio feroce”. Dopo l’omicidio, Impagnatiello ha tentato due volte di bruciare il corpo, per poi nasconderlo dietro alcuni box in via Novella, a pochi metri dalla loro abitazione. Nei giorni successivi, ha simulato la scomparsa della compagna, denunciandola e inviandole messaggi per depistare le indagini.

Alessandro Impagnatiello

La strategia della difesa: escludere premeditazione e crudeltà

La difesa di Impagnatiello, rappresentata dall’avvocata Giulia Geradini, ha puntato a ridurre la pena, chiedendo l’esclusione delle aggravanti di premeditazione e crudeltà. Secondo la legale, l’omicidio non sarebbe stato pianificato, ma il risultato di un “susseguirsi di errori” da parte di un uomo con una personalità narcisistica, incapace di gestire la pressione della relazione parallela e della gravidanza indesiderata. Geradini ha sostenuto che i colpi inferti a Giulia, sferrati rapidamente, non dimostrassero crudeltà, poiché la vittima non avrebbe avuto il tempo di rendersi conto di quanto stava accadendo. Inoltre, la somministrazione di veleno per topi nei mesi precedenti sarebbe stata finalizzata a provocare un aborto, non a uccidere Giulia. La Corte ha accolto solo la richiesta di escludere la premeditazione, confermando però la crudeltà del gesto.

Chiara e Giulia Tramontano

L’accusa: un gesto di estrema crudeltà

La sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri ha chiesto la conferma dell’ergastolo, sottolineando la gravità del crimine. “Impagnatiello ha ingannato due donne, mostrando un falso documento di Dna per negare la paternità del figlio”, ha dichiarato Gualtieri, evidenziando i tentativi dell’imputato di sviare le indagini con “numerose bugie”. L’accusa ha insistito sulla crudeltà dell’omicidio, non solo per il numero di coltellate, ma anche per la scelta di colpire il viso di Giulia, un atto interpretato come un’espressione di disprezzo. La procura ha inoltre ricordato come Impagnatiello abbia somministrato bromadiolone, un veleno per topi, per mesi, senza mai abbandonare il proposito di eliminare la compagna e il figlio che portava in grembo.

L’esclusione della premeditazione

aL’esclusione dell’aggravante della premeditazione ha suscitato reazioni forti, in particolare da parte di Chiara Tramontano, sorella di Giulia. “Vergogna. La chiamano legge, ma si legge disgusto”, ha scritto sui social, commentando la sentenza. Chiara ha ricordato come Impagnatiello abbia avvelenato Giulia per sei mesi, un comportamento che, per la famiglia, dimostrava un’intenzione chiara di uccidere. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ritenuto che il veleno fosse destinato a provocare un aborto, non la morte di Giulia, allineandosi alla valutazione della gip Angela Minerva, che nel 2023 aveva escluso la premeditazione al momento del fermo. Le motivazioni complete della sentenza saranno depositate entro il 15 settembre 2025.

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