Alisa e Polina, sono i nomi delle due bambine vittime delle bombe russe. Due storie di una strage silenziosa che dimostrano ( se ce ne fosse bisogno) che la guerra non è mai giusta. Sette e otto anni. Uccise dai raid russi mentre erano a scuola o stavano giocando con gli amici. Secondo l’Onu i civili deceduti sarebbero 102, tra cui sette bambini, ma le autorità di Kiev parlano di almeno 352 persone uccisi, tra cui 14 bambini.
La guerra in Ucraina prosegue senza interruzione. E a farne le spese sono tanti, troppi bambini. Vittime innocenti di una follia adulta. Due nomi, in particolare, emergono delle macerie: Alisa e Polina. Due bambine, giovani vite stroncate sul nascere, le cui identità si stagliano sul bilancio dei morti diffuso in queste ore. Le ultime cifre diffuse dall’Onu riferiscono di 102 deceduti, tra cui sette bambini, ma quelle diffuse invece dalle autorità di Kiev sono ancora più drammatiche, con almeno 352 civili uccisi, tra cui 14 bambini. Di certo non c’è nulla, se non la morte. Lo si sente dire spesso. Ma altrettanto certo è che le due bambine non meritassero di morire così, in una strage silenziosa che al fragore delle bombe risponde con un giovane cuore che smette di battere per sempre.
Polina la bambina di 8 anni uccisa in uno scontro a fuoco insieme ai suoi genitori in un attacco russo. Alisa Hlans, appena 7 anni, stava giocando con i suoi amici quando la sua scuola elementare è stata colpita da un raid russo venerdì 25 febbraio, nel secondo giorno dell’attacco all’Ucraina. La piccola è stata una delle sei vittime del bombardamento che ha colpito il villaggio di Okhtyrka, vicino al confine nordorientale. Uccisa mentre stava facendo quello che tutti i bimbi della sua età dovrebbero poter fare in totale sicurezza: giocare, divertirsi, vivere in maniera gioiosa quello che la vita, ogni giorno, ti presenta davanti. Anche se si tratta della guerra, trovare un modo per distrarsi comportandosi nel modo più naturale possibile. Perché i bambini non dovrebbero, non devono mai essere coinvolti un un conflitto. I medici hanno tentato in tutti i modi di salvarla, ma la bambina è morta il giorno dopo in ospedale.
Polina, 8 anni, invece frequentava l’ultimo anno della scuola primaria a Kiev. Secondo le autorità, è stata uccisa insieme ai suoi genitori in uno scontro a fuoco provocato da un attacco russo. La famiglia si sarebbe ritrovata nel mezzo di un blitz delle forze speciali russe nella capitale ucraina, con l’obiettivo di sabotare centri nevralgici e individuare obiettivi da centrare con raid aerei e missilistici, ed è stata colpita mentre si trovava in strada. Il fratello e la sorella di Polina sono stati ricoverati in ospedale, una in terapia intensiva, l’altro in un nosocomio pediatrico. Se riusciranno a salvarsi saranno orfani e, nel caso più fortunato, andranno ad ingrandire le fila dei migliaia di profughi in fuga dal Paese.
Bambini in fuga dalle bombe
Tra gli oltre 500mila profughi che, secondo l’Unhcr, stanno cercando di abbandonare l’Ucraina fin dalle prime ore del conflitto si sono contati centinaia di bambini e ragazzi, in fuga dalla guerra, dalle bombe, dai missili, in cerca di un futuro altrove, lontani dai loro cari. Iconiche ad esempio le immagini del padre che scoppia in lacrime mentre saluta la figlia piccola in partenza su un autobus verso una safety zone, o quello che, sul vetro appannato del pullman che sta per portare via la sua bambina disegna un cuore, simbolo del suo amore infinito verso la ragazza, che forse non rivedrà più. Sui social e sui media di tutto il mondo si inseguono le foto e i video delle lunghe carovane di famiglie, di donne e bambini – perché a tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni è proibito uscire dal Paese – che camminano trascinandosi verso i confini della Polonia e degli altri Stati vicini.
C’è il piccolo Mark, ad esempio, che in un video straziante, diffuso dal The Guardian, viene intervistato in auto mentre lascia Kiev. Mentre parla con il giornalista scoppia in un pianto disperato: “Abbiamo lasciato papà a Kiev – dice -. Papà ora venderà alcune cose e aiuterà i nostri eroi, il nostro esercito. Potrebbe anche combattere”.
Volti, storie, parole che raccontano vicende indelebili, che li segneranno per tutta la vita. Ma c’è chi, questa storia, la sua storia, non la potrà più vivere, o raccontare. Come Alisa e Polina, come gli altri piccoli uccisi. I loro drammatici casi, riportati dalla Bbc, circolano in queste ore sui media internazionali, a testimonianza degli effetti brutali del conflitto anche per la popolazione civile. Ma la maggior parte delle vittime resta ancora senza nome.
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