Francia, giudice vieta il burkini nelle piscine pubbliche e nelle spiagge, cos’è?
Secondo il tribunale francese il burkini in piscina è un rischio per la sicurezza così il costume musulmano è stato vietato in pubblico. Il motivo non è perché sia contrario alla laicità dello Stato o violi i diritti delle donne, come contestato dagli oppositori al costume integrale usato per ragioni religiose dalle donne musulmane. La ragione riguarda, piuttosto, la sicurezza e la salute: il regolamento sulle piscine pubbliche prevede che i costumi siano aderenti al corpo per facilitare soccorsi ed evitare rischi igienici.
Cosa è il burkini
Il burkini è un costume aderente, tranne per una gonna galleggiante. Ed è stato questo piccolo dettaglio a consentire al prefetto dell’Isère di vincere il primo round della battaglia tra governo nazionale e il Comune di Grenoble, nel sud-est della Francia, che aveva autorizzato il burkini nelle piscine pubbliche. Il nuovo regolamento, che autorizza anche il topless e che sarebbe dovuto scattare a giugno, è stato per ora sospeso.
Perché il burkini divide
Dietro il provvedimento del Comune, guidato dal sindaco ecologista Eric Piolle e da una maggioranza di centrosinistra, c’era la spinta dell’associazione Alliance Citoyenne, che da tempo si batte per far riconoscere in Francia il diritto delle donne musulmane a utilizzare il burkini in pubblico. L’atto aveva subito fatto scattare la reazione di quella parte del Paese che vede nel costume un mezzo per “islamizzare la vita quotidiana” del Paese”, come scrive Le Figaro, ossia di violare la laicità dello Stato. È una battaglia che divide la Francia da tempo. La legge francese vieta qualsiasi accessorio che copra il viso delle persone nei luoghi pubblici per ragioni di sicurezza, ma il burkini lascia scoperto il volto.
La lotta al costume caro alle musulmane più ortodosse, però, non si è mai fermata, spinta sia dalla destra di Marine Le Pen, che dai moderati, compresi l’ex premier francese Manuel Valls. L’escamotage trovato da gran parte delle amministrazioni locali per aggirare la sentenza del Consiglio di Stato è stato di interdire il burkini nelle piscine pubbliche motivando tale divieto non nel nome dell’ordine pubblico, ma per ragioni di igiene (al pari, per esempio, dei bermuda degli uomini) o perché tale costume renderebbe più difficili i soccorsi in caso di annegamento di chi lo indossa.
Le motivazioni del tribunale
Per queste ragioni, il sindaco di Grenoble Piolle ha rivendicato l’ok al burkini nel nome del “femminismo“, della “salute” e della “laicità”. Inoltre, Piolle ha ricordato che la misura in questione prevede anche la possibilità per le donne di fare il bagno a seno nudo. Contro il provvedimento, però, si è mosso subito il prefetto di Isère, su pressione del ministro degli Interni francese, Gérald Darmanin. Il suo ricorso è stato accolto dal tribunale.
Autorizzare il burkini, per i giudici, è una “violazione della norma generale che impone l’uso di un indumento aderente nelle piscine” per via della gonna galleggiante che, per definizione, non è “aderente al corpo“. Consentire alle donne musulmante per motivi religiosi quello che è vietato agli altri, per il tribunale mina “il principio di neutralità del servizio pubblico”. “L’autorità amministrativa deve emanare norme che contribuiscano al mantenimento dell’ordine pubblico nelle sue componenti di sicurezza, salute e tranquillità pubblica”. “Non si può derogare alle regole stabilite per garantire l’ordine pubblico”, si legge nell’ordinanza. Secondo i giudici il Comune avrebbe dunque mancato di neutralità, prediligendo “le proprie convinzioni” alle regole dello Stato. Il ministro Darmanin ha celebrato su Twitter la sentenza del tribunale come “un’ottima notizia”. “Dopo il nostro ricorso, il tribunale amministrativo sospende la delibera del Consiglio comunale di Grenoble che autorizzava il burkini nelle piscine comunali”, ha dichiarato.



