Donna con la demenza.
Sembra un’epidemia silenziosa, ma la demenza — nelle sue diverse forme, come Alzheimer e demenza vascolare — continua a diffondersi senza sosta. Dietro a questa malattia neurodegenerativa non ci sono solo età avanzata e predisposizione genetica: gli esperti lanciano un allarme su alcuni comportamenti quotidiani sottovalutati che possono aumentare il rischio.
Molti già conoscono i pericoli legati a una cattiva alimentazione, alla mancanza di sonno, alla sedentarietà o alla familiarità genetica. Tuttavia, le nuove ricerche mettono in luce altri cinque fattori meno noti che potrebbero contribuire allo sviluppo della malattia e, al tempo stesso, offrire nuove vie di prevenzione.
Il dottor Ken Langa, internista e ricercatore dell’Università del Michigan, ha spiegato al Daily Mail: “Dico sempre ai miei pazienti che possono fare tutto nel modo giusto, seguire tutte le raccomandazioni, e comunque sviluppare la demenza. Questo può dipendere dalla genetica, dalla sfortuna o da cause che ancora non comprendiamo”.
Allo stesso tempo, però, altri specialisti hanno condiviso alcune strategie sorprendenti per ridurre — almeno in parte — il rischio. Vediamole insieme.
Basta entrare in una farmacia per trovare interi scaffali di prodotti venduti come “potenziatori della memoria” o “nootropi”, spesso sotto forma di capsule, softgel o vitamine. Ma secondo la dottoressa Elizabeth Landsverk, esperta in demenza con base in California, questi integratori non hanno alcuna efficacia dimostrata.
“Per prevenire la demenza, bisogna cambiare abitudini, non prendere una pillola continuando a mangiare bistecca e patatine. Nessuno di questi integratori si è dimostrato utile. Nessuno ha efficacia comprovata”.
Inoltre, non essendo classificati come farmaci, non sono soggetti a test di sicurezza e non devono dimostrare la loro efficacia. Alcuni possono addirittura contenere sostanze pericolose.
Uno studio del 2020 dell’American Academy of Neurology ha analizzato 10 integratori commerciali etichettati come nootropi o “smart drugs”. I risultati? La presenza di farmaci soggetti a prescrizione non approvati negli Stati Uniti, tra cui analoghi del piracetam e il phenibut, un depressivo del sistema nervoso collegato a dipendenza e problemi respiratori.
Sembra banale, ma non correggere problemi di vista o udito potrebbe aumentare il rischio di sviluppare demenza. Il dottor Langa ha spiegato: “Ci sono prove crescenti che indicano come la correzione di problemi uditivi o visivi possa aiutare a prevenire la demenza”.
Le teorie sono due:
Uno studio del 2024 su 573.000 persone ha mostrato che chi soffre di perdita dell’udito ma non usa apparecchi acustici ha un 20% di rischio in più di demenza rispetto a chi non ha problemi. Chi invece usa regolarmente l’apparecchio ha un rischio solo del 6% superiore, segno che la correzione aiuta a contenere il problema.
Circa l’80% della popolazione statunitense vive in aree urbane. Tuttavia, ambienti altamente urbanizzati — definiti da alcuni “giungle di cemento” — potrebbero rappresentare un rischio insospettato.
Il dottor Langa ha dichiarato: “Esistono sempre più evidenze sul fatto che l’esposizione all’inquinamento possa aumentare il rischio di declino cognitivo e demenza. Anche il traffico, il rumore, e la mancanza di spazi verdi per attività fisica e interazione sociale possono avere un impatto rilevante”.
L’ipotesi principale è che le particelle sottili presenti nell’aria inquinata entrino nel flusso sanguigno e arrivino al cervello, dove possono danneggiare le cellule nervose.
Inoltre, vivere in quartieri privi di aree verdi, piste ciclabili o luoghi d’incontro riduce le occasioni di esercizio fisico e di interazione sociale, due attività chiave per la salute cerebrale.
Il vaccino contro l’herpes zoster, raccomandato a tutti gli over 50, non solo protegge dalla riattivazione del virus della varicella, ma potrebbe avere anche un effetto protettivo sul cervello.
Secondo il dottor Langa: “Il vaccino riduce il rischio che il virus si riattivi e quindi anche la quantità di infiammazione che il corpo deve affrontare. Le cellule nervose del cervello potrebbero trarne beneficio”.
Una ricerca pubblicata nel 2024 ha seguito 100.000 adulti per sette anni. Chi aveva ricevuto il vaccino aveva un 20% di probabilità in meno di sviluppare demenza rispetto a chi non era stato vaccinato. Nonostante questo, meno del 40% degli adulti statunitensi nella fascia di età raccomandata si è sottoposto alla vaccinazione. Una occasione mancata, secondo molti esperti.
Ogni anno, 1 americano su 10 viene morso da una zecca, e quasi 500.000 persone ricevono una diagnosi di malattia di Lyme.
Oltre ai sintomi acuti come febbre, mal di testa e affaticamento, la malattia può causare anche problemi cognitivi: difficoltà di memoria, “brain fog” e alterazioni del viso. La dottoressa Jessica Zwerling, neurologa a New York, ha affermato: “La malattia di Lyme può aumentare il rischio di artrite e di una forma diversa di malattia cerebrale simile alla demenza”.
Il dottor Langa ha aggiunto: “Non sarebbe in cima alla mia lista, ma ci sono prove che suggeriscono un legame”.
Secondo l’Alzheimer’s Society, in casi rari, la malattia di Lyme può simulare sintomi da demenza, ma se trattata precocemente è reversibile. Nel 2023 è stato riportato il caso di un uomo che ha sviluppato sintomi di demenza anni dopo un episodio di Lyme, anche se non è stata stabilita una connessione diretta.
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