Sono molte le donne che non riescono a dire di “no”, a chiedere e ad esprimere quello che pensano. Spesso dietro a queste difficoltà si celano insicurezze e paure: paura di essere giudicate e/o derise da parte degli altri, di sbagliare, di risultare poco interessanti, di perdere l’altra persona… Donne insicure e con scarsa autostima, che spesso strutturano un atteggiamento passivo-accondiscendente verso gli altri.
Tuttavia a lungo termine l’atteggiamento passivo finisce per risultare negativo sia a livello individuale che relazionale. La persona passiva solitamente tende a reprimere e a tenere per sé ciò che pensa e prova, accumulando malessere e tensioni che magari finiscono per essere canalizzati sul versante fisico sviluppando disturbi somatici oppure per degenerare in esplosioni di ansia (fra cui anche attacchi di panico) o di rabbia. Infatti l’aggressività e la passività sono solitamente “due facce della solita medaglia”: la passività determina un accumulo di tensione che può portare ad esplodere in modo discontrollato. Inoltre avendo difficoltà nel dire ciò che si desidera o che si pensa, spesso questo porta a privazioni, rinunce o a non realizzare obiettivi desiderati, con conseguente carico di frustrazione e insoddisfazione.
A livello relazionale, l’atteggiamento passivo, spesso giustificato e legittimato sotto la veste del “tanto/troppo buonismo”, determina negli altri la convinzione che la persona (passiva) sia sempre disponibile (“tanto dice sempre di sì”), per cui spesso è presa scarsamente in considerazione e può risultare una persona poco interessante (in quanto non parla o parla poco). Il dialogo spesso è unidirezionale, per cui gli altri ricorrono alla persona passiva quando hanno bisogno di un favore o di sfogarsi, aspettandosi sempre e comunque disponibilità, senza però che vi sia reciprocità.
Per quanto la passività non sia una prerogativa femminile, sicuramente è molto più diffuso nella popolazione femminile rispetto a quella maschile. I motivi sono probabilmente da ricercare nella storia della donna che, fino a qualche decennio fa, era relegata in una posizione subalterna all’uomo e viveva in funzione degli altri (marito, figli e anziani). Per quanto la realtà attuale sia diversa, tuttora alcune donne tendono ad assumere e mantenere un atteggiamento succube e passivo, laddove il modello femminile interiorizzato (in famiglia, soprattutto) è di questo tipo. Inoltre i tanti must imposti alle donne (devi essere bella, magra, efficiente, una brava moglie, una brava mamma…) non contribuiscono a rafforzare la sicurezza delle donne, spesso afflitte dal senso di non essere o di non fare abbastanza e quindi più inclini a sviluppare insicurezze. Infine non dimentichiamo che per quanto la situazione della donna sia diversa rispetto al passato, viviamo in un contesto socio-economico e politico ancora maschilista.
La prossima volta vediamo come possiamo imparare a diventare più affermative o “assertive”.
Articolo scritto da Dott.ssa Francesca Lemmi, psicologo clinico e psicoterapeuta, esperta dello spazio della redazione di Donnaclick dedicato al benessere psicologico delle donne.
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