Nasce Slow Fiber, la moda “etica, giusta e misurata”

di Romina Ferrante


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L’idea è nata sulla scia del movimento Slow Food, per offrire un’alternativa al processo di produzione tessile industriale che oggi conosciamo. Come Slow Food da anni si batte per un cibo “buono, pulito e giusto”, così Slow Fiber tenta di promuovere una moda “etica, giusta e misurata” e innescare un cambiamento produttivo e culturale nel campo della moda.

All’iniziativa hanno già aderito 16 aziende, con oltre 1000 addetti e un fatturato che si aggira sui 550 milioni di euro: Oscalito, L’Opificio, Quagliotti, Remmert, Pettinatura Di Verrone, Tintoria 2000, Angelo Vasino Spa, Olcese Ferrari, Tintoria Felli, Manifattura Tessile Di Nole, Holding Moda, Lane Cardate, Italfil, Pattern, Maglificio Maggia e Vitale Barberis Canonico.

Come è nato il progetto

Alla base dell’ambizioso progetto c’è l’idea di Dario Casalini, ex professore di diritto pubblico, che dopo aver abbandonato l’insegnamento nel 2013 e preso le redini dell’azienda di famiglia, il Maglificio Po, si è avvicinato a Slow Food, sposando subito il progetto Slow Fiber.

L’obiettivo è quello di trarre ispirazione dalla rivoluzione avviata in questi anni da Slow Food e provare a replicare questo successo nel settore tessile. Spesso come fa notare lo stesso Casalini la gente è disposta a spendere grosse cifre “per una buona bottiglia che non durerà”, ma non fa la stessa cosa per indumenti che stanno a contatto con la nostra pelle 24 ore su 24.

Un manifesto per produrre in modo più virtuoso

Nel 2021 Casalini ha pubblicato il libro “Vestire buono, pulito e giusto“, un’approfondita analisi del settore tessile e del suo impatto sull’ambiente e l’anno dopo ha formato la rete Slow Fiber, con una piattaforma e un manifesto con criteri obbligatori da seguire per produrre in modo più virtuoso.

Tra questi criteri ricordiamo il non aver mai delocalizzato e il rispetto delle direttive europee in materia di prodotti chimici.

Slow Fiber intende coinvolgere le realtà migliori del nostro Paese in una visione di lungo periodo, capace di educare il consumatore finale offrendo prodotti sostenibili e di qualità.

Come ha dichiarato in proposito Barbara Nappini, presidente di Slow Food “è necessario un atto di volontà per ripensare il nostro posto nel mondo, per abbandonare un pensiero e un linguaggio predatori, a favore di una consapevole umiltà: quella che si prova di fronte di maestosi spettacoli naturali, di fronte a un’intensa percezione di bellezza che ci fa presagire un senso di ‘giustezza'”. 

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