SHEIN apre i primi negozi in città: finalmente la moda a prezzi umani | Stop a ordini e spedizioni: entri, provi e concludi l’affarone
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Prezzi bassi e acquisti immediati conquistano i consumatori, ma sollevano critiche sul futuro della moda e sulla sostenibilità del settore.
Fino a ieri era solo uno store online. Oggi, SHEIN promette di portare la moda a portata di mano. Nessuna attesa per la spedizione, nessun reso incerto: si entra, si prova, si compra. Una prospettiva allettante per chi cerca stile e risparmio, ma anche un segnale forte su come sta cambiando il modo di fare shopping.
Da anni SHEIN domina il mondo dell’e-commerce fashion con un’offerta che sfiora l’infinito: migliaia di capi nuovi ogni settimana, prezzi bassissimi e collezioni “usa e getta”. Un modello che ha riscritto le regole del consumo, spingendo altri marchi a rincorrere la velocità e il margine a discapito della qualità e della sostenibilità.
Per chi cerca un vestito per il weekend a meno di 10 euro, SHEIN è una miniera d’oro, ma dietro ogni affare si nasconde una filiera opaca, spesso criticata per mancanza di trasparenza, impatto ambientale e condizioni di lavoro precarie. L’industria della moda etica osserva con preoccupazione.
Rendere accessibile la moda non è un problema in sé. Lo diventa quando l’accessibilità coincide con lo spreco. Il vero rischio? Normalizzare il consumo compulsivo e svuotare di significato il valore dei capi. Un vestito che costa come un caffè solleva domande più profonde di quanto si pensi. Eppure, funziona. Eccome se funziona.
SHEIN apre i battenti a Parigi, ma scoppia la polemica
SHEIN apre i primi negozi fisici in Francia, cominciando da Parigi. Il debutto è previsto al BHV Marais, a novembre, con altri cinque corner in arrivo nelle Galeries Lafayette di Digione, Reims, Grenoble, Angers e Limoges. Un passo storico per l’ultra-fast fashion, accolto con favore da alcuni e con sdegno da altri.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Brand come Maison Lejaby e Aime hanno ritirato i propri prodotti dal BHV in segno di protesta. Le Galeries Lafayette hanno preso le distanze definendo l’accordo in contrasto con i propri valori. Anche la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, si è espressa contro l’iniziativa.

Dietro le promesse: accessibilità o modello insostenibile?
SHEIN rivendica il progetto come un’opportunità concreta per rilanciare i centri urbani e creare occupazione, annunciando 200 nuovi posti di lavoro e una nuova linfa per i grandi magazzini. Le associazioni di categoria non vedono, però, alcun rilancio: parlano di concorrenza sleale e di un modello produttivo “tossico”, fondato su volumi eccessivi, prezzi irrisori e totale assenza di trasparenza. La Federazione Nazionale dell’Abbigliamento ha bollato l’accordo come un “tradimento”.
Secondo i critici, l’ingresso fisico del colosso cinese rischia di accelerare una deriva già in atto: più consumo, meno qualità, nessuna sostenibilità. Dietro l’accessibilità apparente, si cela un sistema che svuota di valore il prodotto moda e alimenta lo spreco. La domanda resta aperta: è questa la direzione in cui vogliamo portare il futuro dello shopping?
