JURASSIC PARK diventa realtà: al via il progetto per riportare in vita il MOA GIGANTE | Tra qualche anno i T-Rex saranno tra noi
Peter Jackson sogna di riportare in vita il Moa estinto con la genetica, ma gli scienziati sollevano dubbi: utopia o rischio per la biodiversità?
Moa gigante.
Il regista Peter Jackson vuole riportare in vita il Moa, l’uccello gigante estinto da 600 anni: un progetto di ingegneria genetica che divide la comunità scientifica.
Peter Jackson, celebre regista della saga de Il Signore degli Anelli, non sta progettando un nuovo film fantasy, ma un’impresa che sembra uscita da un romanzo di fantascienza: riportare in vita il Moa gigante, un uccello incapace di volare, alto fino a tre metri e dal peso di 250 chili, scomparso circa 600 anni fa. Il progetto, finanziato personalmente da Jackson insieme al Ngāi Tahu Research Centre e al Canterbury Museum, vede la collaborazione con Colossal Biosciences, l’azienda texana già nota per i suoi ambiziosi tentativi di “de-estinzione”, tra cui mammut e dodo.
L’idea alla base del progetto è analizzare il DNA antico delle nove specie di Moa conosciute, per ricostruire il codice genetico del Dinornis robustus, il più imponente. Tuttavia, l’impresa presenta difficoltà enormi: il parente vivente più vicino è il tinamo, un piccolo uccello sudamericano che ha condiviso un antenato con il Moa 58 milioni di anni fa. Per superare questo ostacolo, gli scienziati ipotizzano di utilizzare l’emu come madre surrogata, ma il divario evolutivo rimane significativo e le probabilità di successo appaiono molto ridotte.
Gli ostacoli non si fermano al DNA degradato o alla mancanza di parenti viventi compatibili. Anche qualora si riuscisse a ricreare un embrione, resterebbe il problema dell’incubazione: non esistono uccelli in grado di ospitare e portare a termine la nascita di un uovo così grande. Inoltre, per ricostruire una popolazione sostenibile servirebbero centinaia di Moa, con il rischio di consanguineità e la difficoltà di adattarli a un ambiente moderno ormai radicalmente cambiato. Il timore è di ottenere non un vero Moa, ma un ibrido incerto, fragile e destinato a non sopravvivere.
La comunità scientifica guarda con scetticismo al progetto. Molti esperti parlano di illusione genetica, sottolineando che riportare in vita un animale estinto non equivale a ripristinare la specie originale. Senza habitat naturale, senza un ecosistema adatto e con geni ricostruiti artificialmente, i risultati rischiano di essere puramente simbolici. Per alcuni si tratta di “egotismo scientifico”, un tentativo affascinante ma poco utile, che rischia di distogliere risorse e attenzioni da sfide più urgenti come la tutela della biodiversità attuale.
Critiche e scetticismo degli esperti sul Moa
Gli studiosi insistono che, invece di spendere milioni in progetti di de-estinzione, le risorse andrebbero convogliate nella salvaguardia di specie a rischio oggi. In Nuova Zelanda e nel Pacifico, centinaia di animali lottano contro la scomparsa a causa della deforestazione, delle specie invasive e del cambiamento climatico. Alcuni scienziati temono che iniziative come quella sul Moa possano creare la falsa percezione che ogni estinzione sia reversibile, riducendo l’urgenza di proteggere le specie ancora presenti.
Nonostante le critiche, Colossal Biosciences difende il progetto: secondo l’azienda, anche un Moa “non perfettamente originale” potrebbe contribuire a ripristinare funzioni ecologiche perdute, ad esempio nel mantenimento degli ecosistemi neozelandesi. Peter Jackson, dal canto suo, vede nell’impresa una sfida epocale, paragonabile alla creazione cinematografica di mondi fantastici. Ma per molti osservatori, il rischio è quello di una “chimera biologica”: un animale simile al Moa, ma senza reale posto nel mondo moderno.

La vera priorità: proteggere ciò che abbiamo
La discussione intorno al Moa riporta l’attenzione su una questione più ampia: la perdita di biodiversità oggi. Le estinzioni non appartengono solo al passato, ma continuano a verificarsi a un ritmo accelerato. Secondo l’ONU, il 25% delle specie animali e vegetali rischia di scomparire nei prossimi decenni. In questo contesto, destinare fondi alla “resurrezione” di un uccello estinto da secoli appare a molti come una priorità discutibile. Il denaro potrebbe invece sostenere progetti di conservazione concreti e immediati.
In sintesi, il Moa gigante resta per ora un simbolo di ciò che la scienza potrebbe tentare, ma non necessariamente di ciò che dovrebbe fare. La fascinazione per la de-estinzione rischia di oscurare la realtà: salvare gli ecosistemi attuali è più urgente che riportare in vita creature del passato. Peter Jackson sogna di ridare respiro a un mito naturale della Nuova Zelanda, ma la vera battaglia si combatte nella tutela di ciò che esiste oggi. Solo così, forse, potremo evitare di dover sognare di “riportare indietro” altre specie in futuro.
