Ufficiale busta paga, “Aumenti per tutti”: lavorate di meno e guadagnate di più | La sentenza clamorosa cambia tutto
Cassazione 2025: niente pause sul lavoro? Possibile risarcimento anche senza prova medica. Nuova tutela per milioni di lavoratori italiani.
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Una sentenza della Cassazione riconosce il diritto al risarcimento per chi non ha potuto usufruire delle pause lavorative: un principio che può cambiare il lavoro di milioni di italiani.
Le giornate di lavoro, soprattutto nei settori più impegnativi come la sanità o i servizi di emergenza, sono spesso lunghe e logoranti. In questi contesti, le pause non sono un lusso, ma uno strumento di tutela della salute. Servono a ripristinare concentrazione, energia e benessere mentale, evitando rischi di stress cronico o infortuni.
La normativa italiana, con l’articolo 8 del D.Lgs. 66/2003, garantisce a ogni lavoratore il diritto a interrompere l’attività per almeno 10 minuti quando l’orario supera le 6 ore consecutive. È una misura pensata per proteggere la salute e la sicurezza, ed è considerata un diritto irrinunciabile.
Le modalità e la durata della pausa vengono regolate dai contratti collettivi o dai regolamenti aziendali. In assenza di norme specifiche, resta comunque il diritto minimo ai 10 minuti di intervallo. Secondo il Ministero del Lavoro, il lavoratore è libero di utilizzare questo tempo come preferisce, che sia per un caffè, un pasto o una sigaretta.
La Cassazione, con diverse pronunce, ha ribadito che il datore di lavoro non può negare o limitare questa pausa, salvo il caso in cui si superi il tempo stabilito dal contratto o dal regolamento. Anche fumare rientra tra le interruzioni consentite, purché vengano rispettate le regole aziendali e la legge antifumo, recandosi eventualmente all’esterno dell’edificio.
La sentenza che cambia le regole del lavoro
Non tutti i lavoratori rientrano nella disciplina standard: telelavoratori, dirigenti, lavoratori mobili e collaboratori familiari hanno regole diverse sulle pause, poiché non hanno un orario rigido. Ma per la maggior parte dei dipendenti, il mancato rispetto di questo diritto può avere conseguenze gravi.
Con l’ordinanza n. 20249 del 2025, la Cassazione ha affermato che la violazione sistematica dell’articolo 8 può causare un danno da usura psicofisica. E questo danno può essere riconosciuto anche senza prove mediche dirette, basandosi su presunzioni fondate e sulla valutazione della gravità dell’inadempimento.

Il caso Ares 118: un precedente importante
La vicenda riguarda alcuni operatori dell’Azienda Regionale Emergenza Sanitaria Ares 118, che avevano ottenuto in Tribunale solo il riconoscimento del diritto alla pausa, ma non il risarcimento. Convinti che la mancata fruizione prolungata avesse compromesso la loro salute, hanno fatto appello.
La Corte d’Appello di Roma ha dato loro ragione, e la Cassazione ha confermato: pur non essendo un danno “in re ipsa”, la lesione può essere presunta in base alla frequenza e alla durata della violazione. Nel caso degli operatori del 118, la mancata concessione delle pause per anni è stata considerata sufficiente per riconoscere un risarcimento economico.
