Attualità

Stefania Proietti travolta dagli insulti sessisti: “Solo perché sono donna!”

Nei giorni scorsi, Stefania Proietti, presidente della Regione Umbria, è finita al centro di un’ondata di attacchi sessisti che hanno invaso i social.

Meme, fotomontaggi volgari, insulti sul suo aspetto fisico e sulla sua identità di donna: è questo il prezzo che sta pagando per il solo fatto di ricoprire un ruolo istituzionale. Un prezzo inaccettabile, che Proietti ha deciso di denunciare pubblicamente.

“’Tanto è una donna, trattiamola così‘. Le immagini che vedete qui sotto non hanno bisogno di grandi spiegazioni. Sono solo una parte dei commenti, meme, fotomontaggi e insulti sessisti che negli ultimi giorni mi sono piovuti addosso”, ha scritto la governatrice su Facebook, condividendo alcuni dei contenuti offensivi.

Dalla caricatura alla misoginia: quando il sessismo diventa virale

Proietti è stata ritratta con il dito medio alzato, con minigonna, rossetto e smalto, ridicolizzata con appellativi come “la rossettata” e “Lady Tax”.

Una rappresentazione costruita per sminuire, svilire, annientare la sua figura pubblica e politica. “Chi mi ha chiamata ‘Lady Tax’, con l’intenzione di sminuirmi e deridermi… E poi ancora: naso da Pinocchio, odio, volgarità, aggressività gratuita”, ha continuato.

In un contesto in cui la rappresentazione della donna viene ancora filtrata attraverso stereotipi e sessismo, queste immagini diventano più di un semplice attacco personale: sono un segnale di allarme sociale.

Un messaggio che va oltre il caso personale

“Questo non riguarda solo me. Io, per fortuna, ho le spalle larghe”, scrive Proietti, ma il suo sguardo è rivolto oltre. “Riguarda le tante giovani donne che stanno pensando, oggi, di impegnarsi in politica. Riguarda le nostre figlie e i nostri figli”.

La sua denuncia non è un gesto di vittimismo, ma una presa di posizione lucida e coraggiosa: una chiamata all’azione collettiva contro la normalizzazione dell’odio, della discriminazione e della violenza verbale.

Proietti sottolinea che quel linguaggio, se non arginato, può degenerare in comportamenti ancora più estremi. “Il passo dalle parole ai gesti – anche i più estremi, come i femminicidi – è breve. Terribilmente breve”.

Il cambiamento può partire dal linguaggio

“Tante cose in questa società non sono riparabili. Ma il linguaggio sì. A partire dalla politica”, scrive la presidente umbra, mettendo in evidenza quanto le parole siano potenti, e quanto la loro distorsione possa diventare pericolosa.

La riflessione che lancia è netta: è il linguaggio pubblico – soprattutto quello politico – a dare il tono alla cultura collettiva. Se in quel linguaggio trovano spazio la derisione, la volgarità e il sessismo, allora il terreno diventa fertile per normalizzare forme di discriminazione e, in casi estremi, anche di violenza.

Nel suo post, Stefania Proietti chiude con una frase che ha il sapore della determinazione, ma anche della resistenza: “Io non mi fermo. E continuo a metterci la faccia. Anche per chi, oggi, ha paura di farlo”.

In un momento storico in cui l’aggressività verbale si fa sempre più presente online, e dove la presenza femminile nelle istituzioni è ancora vista da alcuni come un’anomalia, parole come queste diventano un faro per chi vuole cambiare le regole del gioco.

Proietti non chiede scuse, non cerca giustificazioni. Chiede solo che si torni a dare valore alle parole. E che tutte e tutti, insieme, si faccia muro contro quella che non è solo una battaglia di genere, ma una battaglia di civiltà.

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