Lorena Quaranta
“I rischi sono di tre ordini. Il primo è che nell’opinione pubblica passi il messaggio che le azioni fatte in una situazione di stress siano in qualche modo giustificate, fino a legittimare un omicidio. Il secondo ordine di problemi è non ci sia più tutela per le vittime. Il terzo, legato a questo caso specifico, è quello di una diminuzione della pena di De Pace, confermata in due gradi di giudizio, se la Corte di Assise di Reggio Calabria dovesse accogliere quanto espresso dalla Cassazione”.
Così Cettina Miasi, storica militante nei centri antiviolenza e avvocato dell’associazione “Una di noi”, fondata nel Messinese undici anni fa e parte civile nel processo, esprime la sua preoccupazione in un’intervista al Secolo XIX dopo la sentenza sull’assassino di Lorena Quaranta.
“Se neanche l’omicidio viene punito con la pena massima, il maltrattamento che pena meriterà? Eppure la mattanza delle donne continua giorno dopo giorno, a dispetto del codice rosso. Il problema è che non sempre la giustizia arriva nei tempi necessari. Quando le donne vengono alla nostra associazione a denunciare, le mandiamo sempre alla polizia o ai carabinieri. Nelle successive 48 ore dovrebbe scattare l’indagine da parte della procura, cosa che spesso non accade. Per non parlare dell’eventuale custodia cautelare, per cui servono riscontri oggettivi, che non sempre è possibile offrire”, ha continuato.
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