Sta riscrivendo la tua memoria”: il lato oscuro di ChatGPT che nessuno ti ha mai rivelato | L’agghiacciante studio del MIT di Boston
Chatgpt_Donnaclick (Depositphotos.com)
In un mondo dove l’intelligenza artificiale è ovunque, nessuno si ferma a chiedersi cosa stia accadendo davvero nella nostra testa.
ChatGPT è ormai ovunque: a scuola, al lavoro, sui social. Lo usiamo per scrivere email, compiti, perfino per messaggi romantici. È rapido, preciso, brillante. Ma siamo davvero sicuri che ci stia facendo bene? O ci sta portando, silenziosamente, a una forma di dipendenza cognitiva?
In un’epoca in cui la produttività viene spesso prima della consapevolezza, sempre più persone delegano interamente il proprio pensiero a strumenti come ChatGPT. Ma c’è un prezzo nascosto che nessuno aveva previsto: il pensiero si appiattisce, la memoria si offusca e la creatività si spegne.
Il fenomeno è sottile e insidioso. All’inizio ci sentiamo più efficienti, capaci di fare di più in meno tempo. Ma col tempo, ciò che perdiamo è ben più grave: il senso di paternità sulle nostre idee, la capacità di ricordare ciò che abbiamo scritto, la fatica che serve per costruire un pensiero autentico.
Il paradosso è che, mentre crediamo di potenziare il nostro cervello affidandoci all’AI, potremmo in realtà inibirlo. E la scienza ora lo dimostra. Il Massachusetts Institute of Technology ha appena pubblicato uno studio che fa luce su ciò che accade davvero quando usiamo ChatGPT.
L’indagine shock del MIT
Lo studio, guidato dalla ricercatrice Natalia Kosmyna, ha coinvolto 54 volontari divisi in tre gruppi: uno senza alcun supporto digitale, uno con accesso a Google e uno che poteva usare ChatGPT. I partecipanti hanno scritto tre testi su temi diversi nell’arco di tre mesi, mentre il loro cervello veniva monitorato con elettroencefalografia.
I risultati sono stati sorprendenti. Il gruppo senza alcun aiuto ha mostrato un’attività cerebrale nettamente più intensa, attivando aree legate alla creatività, al controllo e alla comprensione profonda. Al contrario, il gruppo con ChatGPT ha registrato una connettività cerebrale del 55% più bassa, segno di un’elaborazione mentale molto più debole.

“Non mi ricordo cosa ho scritto”
La scoperta più inquietante riguarda la memoria e l’identità cognitiva. Nell’83% dei casi, chi aveva usato ChatGPT non era in grado di ricordare frasi dei testi appena scritti. Come se il contenuto non appartenesse davvero a chi lo aveva firmato. Nessun senso di coinvolgimento, nessuna memoria del processo. Solo ripetizione passiva di ciò che l’AI aveva prodotto.
Al contrario, i partecipanti che avevano scritto senza assistenza ricordavano le proprie parole quasi alla lettera. Mostravano una comprensione più profonda, una connessione reale con ciò che avevano creato. In pratica, pensare con la propria testa — anche con fatica — rafforza il cervello. Delegare tutto all’AI, invece, rischia di indebolirlo. E forse di riscrivere chi siamo.
