Stipendio troppo basso? TI SPETTA L’AUMENTO: la Costituzione lo ha messo nero su bianco | Nuovo diritto per i lavoratori italiani

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Stipendio basso aumento_Donnaclick

Inflazione_Donnaclick (Depositphotos.com)

La giusta retribuzione non è più solo una questione di contratto: a stabilirlo è un principio costituzionale che oggi cambia le regole.

Stipendi bassi, inflazione alle stelle e costi della vita fuori controllo: per molti lavoratori italiani, avere un lavoro non basta più per vivere serenamente. Sempre più persone, pur lavorando a tempo pieno, si ritrovano in condizioni economiche precarie. La domanda, dunque, è lecita: è davvero tutto regolare se il contratto è stato firmato?

Fino a poco tempo fa, la risposta era un secco “sì”: bastava che il datore di lavoro applicasse il contratto collettivo nazionale di riferimento (CCNL) per essere in regola. Quel contratto, firmato da rappresentanze sindacali, era la misura ufficiale della “giusta retribuzione”. Ma oggi questo schema sta crollando sotto il peso della realtà.

Con quasi mille CCNL esistenti nel settore privato e la diffusione dei cosiddetti “contratti pirata”, che abbassano artificiosamente i salari, il sistema ha smesso di tutelare davvero i lavoratori. La retribuzione, anche se formalmente corretta, può risultare concretamente insufficiente a garantire una vita dignitosa. E i tribunali iniziano a prenderne atto.

Non si parla più solo di “stipendio basso”, ma di un vero e proprio fenomeno di “lavoro povero”: lavoratori che, pur con un impiego regolare, vivono in povertà. A peggiorare il quadro, l’aumento del costo della vita, i ritardi nei rinnovi contrattuali e la disparità salariale tra chi svolge lo stesso ruolo con condizioni economiche opposte.

Il principio di dignità economica vale più di qualsiasi contratto

Nel silenzio della politica sul salario minimo, arriva ora un colpo di scena giudiziario. Due sentenze della Corte di Cassazione (n. 28230/2023 e n. 27711/2023) aprono una nuova strada per i lavoratori. I giudici, per la prima volta, mettono nero su bianco che i contratti collettivi non sono più intoccabili.

L’articolo 36 della Costituzione – che garantisce al lavoratore una retribuzione “proporzionata e sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa” – ha ora un peso superiore a qualsiasi CCNL. Il magistrato, se il lavoratore dimostra di non vivere dignitosamente, può disapplicare il contratto e imporre un aumento di stipendio.

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Sentenza giudice_Donnaclick (Depositphotos.com)

Quando e come puoi far valere questo diritto

La vera novità è che oggi anche un contratto collettivo nazionale può essere impugnato. Se il tuo stipendio – pur conforme al CCNL – non ti permette di vivere dignitosamente, puoi rivolgerti al giudice. Il tribunale, valutando il caso concreto, può decidere di applicare un CCNL alternativo, più tutelante, o persino stabilire un salario minimo basandosi su parametri oggettivi come le soglie ISTAT di povertà.

Non si tratta di un’eccezione. Questo nuovo orientamento vale per tutti i settori, dal privato al pubblico, dal Terzo Settore agli appalti. L’Italia, pur non avendo ancora una legge sul salario minimo legale, ha ora uno strumento potente nelle mani della magistratura. Il diritto a una retribuzione dignitosa non è più solo un ideale: è legge. E può essere fatto valere in tribunale.