Luca Barbareschi
Le dichiarazioni di Luca Barbareschi sulle molestie nel mondo dello spettacolo hanno dato vita a un acceso dibattito. L’attore, in un’intervista su Repubblica, ha espresso la sua posizione, raccontando anche delle esperienze personali.
Nei mesi scorso l’Associazione Amleta ha raccolto sotto l’hashtag #apriamolestanzediBarbablù una serie di denunce di molestie ad attrici da parte di attori, registi e produttori. Attraverso le pagine di Repubblica, Luca Barbareschi è intervenuto sull’argomento delle molestie, spiegando: “A me viene da ridere, perché alcune di queste non sono state molestate, o sono state approcciate malamente ma in maniera blanda, non cose brutte”.
Quindi ha aggiunto: “Alcune di queste andrebbero denunciate per come si sono presentate. Sedendo a gambe larghe: ”Ciao, che film è questo?”. Non ho avuto mai bisogno di fare trucchi per scopare, una cosa del genere non è il mio stile. Ho detto: ”Amore, chiudi le gambe, ho visto che hai le mutande, o che non le hai, interessante, ma ora parliamo di lavoro”. Ci sono anche cose così”.
Barbareschi, che sta girando il film The Penitent ha aggiunto che ha “trovato giusto il pensiero” di Amleta, ma che poi “è diventato qualcosa di modaiolo”: “L’attrice che si fa pubblicità, la cosa va avanti per dieci puntate, poi finisce ma non si risolve il problema. In Francia sono impazziti tutti, noi produttori abbiamo fatto un corso sulle nuove regole di set, che sono impossibili da applicare. Stiamo uscendo dal buon senso”.
E, ancora, Luca Barbareschi ha sottolineato: “Secondo me Amleta dovrebbe essere ”largo”, riguardare non solo le attrici, che sono una piccola comunità. Il problema delle molestie è grave e generale. Riguarda la commessa del supermercato che deve subire per non perdere il posto”.
“Questo deve cambiare. Ho quattro figli, un maschio e tre femmine, e voglio che siano dignitose, libere e non subiscano mai. Io sono stato un bambino molestato, mi hanno abusato dagli otto agli undici anni i preti gesuiti a Milano: mi chiudevano in una stanza, uno mi teneva fermo e l’altro mi violentava. Ho fatto una legge su questa cosa qui”.
Tornando al film che sta girando (che racconta di uno psichiatra la cui vita e carriera deragliano quando un suo paziente uccide otto persone) l’attore ha detto che Peterson era “un genio attaccato ferocemente perché si rifiuta di dire che c’è un terzo sesso”: “Trovo che abbia ragione: è un medico e non può prescindere dal fatto che i cromosomi siano quelli. Nel nostro film lo psichiatra viene linciato perché un giovane paziente gli annuncia una strage e poi uccide otto persone. L’assassino è ispanico, vittima della società, è gay, emarginato, quindi forse non è più colpevole. La stampa si sposta sullo psicologo, complice una pubblicazione in cui aveva scritto che l’omosessualità è un adattamento. Per me ci sta: io sono stato omosessuale nella mia vita, forse ho trovato un adattamento alle mie problematiche”.
Cinzia Spanò, attrice e presidente del collettivo Amleta, ha replicato a Barbareschi, sempre attraverso Repubblica: “Duecentoventitré denunce non le abbiamo inventate. E chi si è esposta ha sempre corso un grande rischio, altro che pubblicità. Dica questo a Barbareschi: che le sue parole sono gravissime, offensive, ignobili”.
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