In giro per le città di tutto il mondo stanno comparendo delle misteriose chiavette USB incastrate nei muri degli edifici. Da New York a Berlino, da Londra a Milano, si tratta di un fenomeno globale noto come Dead Drops. Ma di cosa si tratta esattamente?
Dead Drops è un progetto nato nel 2010 a New York su iniziativa dell’artista tedesco Aram Bartholl. L’idea è quella di creare una rete anonima e decentralizzata per la condivisione di file tra sconosciuti, sfruttando il mondo offline e gli spazi pubblici urbani. In pratica, chiunque può cementare una comune chiavetta USB all’interno di un muro o di un palo in una zona frequentata della città. Le chiavette originariamente contengono soltanto un file con le istruzioni per partecipare al progetto. Chi passa nei pressi, però, è invitato a caricare o scaricare contenuti sulla pennetta: foto, video, documenti, musica, messaggi.
Il sito ufficiale di Dead Drops riporta una mappa con l’esatta posizione di ogni chiavetta nel mondo. Si contano ad oggi oltre 2000 pennette attive in centinaia di città, per una capacità di archiviazione complessiva di 70 TB. Anche l’Italia partecipa al progetto: a Roma se ne contano 14, a Milano 11.
Ma cosa spinge le persone a partecipare lasciando o prelevando file da queste chiavette anonime? Sicuramente la curiosità e il desiderio di condividere contenuti in modo innovativo e fuori dagli schemi. Dead Drops promuove ideali come la cultura libera, l’open source e l’accesso universale alle informazioni. C’è però anche chi solleva dubbi sulla sicurezza. Le chiavette potrebbero facilmente diffondere virus e malware tra i PC di chi vi accede. Inoltre, molte di esse spariscono nel giro di poco tempo, rubate da malintenzionati. Risulta anche difficile monitorare i contenuti condivisi, che potrebbero includere anche materiale illegale.
Nonostante ciò, Dead Drops sembra incuriosire sempre più persone. Un esperimento socio-artistico dal sapore cyberpunk, che trasforma le strade in una rete di scambio offline. Anche se probabilmente effimero, è indubbio che questo fenomeno abbia colpito l’immaginario collettivo, invitando a ripensare il concetto stesso di condivisione ai tempi di Internet.
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