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Garlasco, il DNA nella bocca di Chiara Poggi non è di Stasi né di Sempio: nuove analisi

A distanza di 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco, una nuova scoperta potrebbe ridisegnare il quadro di uno dei casi di cronaca nera più discussi d’Italia.

Un tampone orale, prelevato durante l’autopsia della giovane e mai analizzato all’epoca, ha rivelato la presenza di un DNA maschile ignoto, non riconducibile né ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio, né ad Andrea Sempio, attualmente indagato per concorso in omicidio. Si attendono gli esiti definitivi.

Due profili genetici e l’ipotesi contaminazione

La genetista Denise Albani, incaricata dalla gip Daniela Garlaschelli per l’incidente probatorio, ha analizzato cinque prelievi effettuati sul tampone orofaringeo di Chiara Poggi. Tre di questi non hanno fornito risultati utili, ma due hanno rivelato profili genetici maschili. Uno è stato attribuito a Ernesto Gabriele Ferrari, assistente del medico legale Dario Ballardini che eseguì l’autopsia nel 2007, e considerato una contaminazione. L’altro, definito “Ignoto 3”, presenta 22 marcatori genetici ed è ritenuto più significativo, con una quantità di DNA descritta come “robusta” dagli esperti, pur essendo nell’ordine di pochi picogrammi. Questo profilo, localizzato nella zona del palato e della lingua, non corrisponde né a Stasi né a Sempio, né al DNA trovato sotto le unghie di Chiara, noto come “Ignoto 2”.

Le analisi preliminari, trasmesse alle parti lo scorso venerdì, sono ora in fase di consolidamento. La genetista Albani ha ordinato una replica degli esami per confermare i dati e i risultati saranno determinanti per stabilire se il DNA ignoto sia il frutto di una contaminazione o la traccia di una terza persona presente sulla scena del crimine.

Un’indagine che si allarga

La Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, lavora sull’ipotesi che Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, Marco Poggi, abbia agito in concorso con uno o più complici. La scoperta del DNA ignoto rafforza questa teoria, suggerendo che più persone potrebbero essere state coinvolte nel delitto. Gli inquirenti stanno considerando la possibilità che il materiale genetico sia stato lasciato da qualcuno che ha tappato la bocca di Chiara o che è stato morso dalla giovane nel tentativo di difendersi. Tuttavia, per confermare questa ipotesi, sarà necessario confrontare il profilo con quello di tutte le persone che hanno frequentato la villetta di via Pascoli prima e dopo l’omicidio, inclusi amici, familiari, tecnici del RIS di Parma e operatori sanitari.

Un’ulteriore traccia di sangue trovata sotto la cornetta del telefono di casa Poggi suggerisce che Chiara abbia tentato di chiedere aiuto durante l’aggressione, un dettaglio che rafforza l’ipotesi di una dinamica violenta e prolungata. Gli inquirenti ritengono che la giovane non sia stata colta di sorpresa, ma abbia lottato contro i suoi aggressori, lasciando indizi preziosi per ricostruire l’accaduto.

Perché il tampone non fu analizzato nel 2007?

Una delle domande che emergono con forza è perché il tampone orale, prelevato durante l’autopsia, non sia stato analizzato 18 anni fa. A chiarire il motivo è stato Luciano Garofano, ex comandante del RIS di Parma e oggi consulente della difesa di Sempio, intervenuto a Quarto Grado. Garofano ha spiegato: “Il RIS lo analizzò, però fece una valutazione logica. ‘Cosa cerchiamo? Cerchiamo un uomo, quindi cerchiamo del liquido seminale’, che però dette risultato negativo. Sulla base di questo si decise di non fare un’ulteriore analisi del DNA”. Una scelta che, all’epoca, appariva ragionevole, ma che oggi, alla luce delle nuove tecnologie forensi, sembra aver limitato le indagini.

Questa omissione ha alimentato dibattiti tra gli esperti. Alcuni, come il giornalista Carmelo Abbate, definiscono “clamoroso” l’errore di non aver approfondito l’analisi del tampone, sottolineando che la presenza di un DNA ignoto potrebbe scagionare Stasi. Altri, come il consulente della famiglia Poggi, Dario Redaelli, invitano alla cautela, definendo le notizie sul DNA ignoto prive di fondamento finché non saranno confermate.

Chiara Poggi

Il Garante contro il voyeurismo mediatico

Parallelamente alle indagini, il caso Garlasco è stato scosso da una vicenda collaterale che ha indignato l’opinione pubblica. Il Garante per la privacy ha disposto un provvedimento urgente per bloccare la diffusione online di un video contenente immagini dell’autopsia di Chiara Poggi, offerto a pagamento dall’ex poliziotto e blogger Gianluca Spina nelle sue “masterclass” di criminologia. Il Garante ha definito la diffusione di tali immagini una “violazione gravissima della dignità della vittima e dei suoi familiari”, invitando i media e chiunque ne sia in possesso ad astenersi dalla loro condivisione, con la minaccia di ulteriori sanzioni.

Spina, che opera dalla Svizzera, si è difeso sostenendo di non aver ricevuto notifiche ufficiali e di aver già sospeso la disponibilità dei video. Ha dichiarato: “Non ho diffuso pubblicamente quelle immagini, sono video riservati e a pagamento. Si tratta di foto agli atti di un processo che è di dominio pubblico. Quale privacy avrei violato?”. La sua posizione, tuttavia, non ha placato le critiche, con il Movimento Liberi Giornalisti e l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia che hanno definito l’operazione “inaccettabile” e priva di qualsiasi legame con il diritto di cronaca.

Le reazioni delle parti coinvolte

La famiglia Poggi, rappresentata dall’avvocato Gian Luigi Tizzoni, ha espresso scetticismo sulla rilevanza del DNA ignoto. Tizzoni ha dichiarato: “Non ci sono DNA di soggetti sconosciuti sulla scena del crimine e ovviamente tanto meno sul corpo di Chiara. È un dato che per quanto possiamo sapere è totalmente destituito da qualsiasi fondamento e che ancora una volta denota come, in assenza di riscontri oggettivi alternativi alla verità processuale accertata e che ha individuato Stasi quale responsabile, prospetta ipotesi infondate”.

La difesa di Andrea Sempio, rappresentata dall’avvocato Massimo Lovati, insiste invece sull’ipotesi di contaminazione, sottolineando che le nuove tracce non modificano il quadro investigativo. Lovati ha anche richiamato l’attenzione su un altro elemento emerso di recente: la notizia dell’omicidio era già nota a Vigevano alle 11:30 del 13 agosto 2007, un dettaglio che potrebbe ridisegnare la cronologia degli eventi.

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