Sindrome di Calimero: quando il vittimismo impedisce di amare

di Claudia Scorza


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L’identikit del perfetto vittimista corrisponde esattamente alla sindrome di Calimero, perenne vittima degli altri e del destino.

Le cose gli succedono e lui le subisce perché attribuisce la colpa delle sue sventure sempre e comunque ad eventi esterni, al destino, alla sfiga o a terze persone.

Questa sindrome di vittimismo fa lamentare il soggetto affetto da tale disturbo in continuazione e attraverso tale atteggiamento va in cerca di affetto, comprensione e tolleranza, che però immancabilmente rifiuta.

Il complesso nasce da una forte auto-svalutazione, mancanza di autostima e da una visione negativa di sé.

Cos’è la sindrome di Calimero?

Inoltre il complesso di Calimero porta il vittimista a non avere mai colpe, a non prendersi mai responsabilità e a non mettersi mai in gioco facendo autocritica e analizzando le situazioni che vive in modo obiettivo e lucido.

Coloro che soffre di sindrome di Calimero vede ovunque complotti e manovre che alimentano con continui pensieri negativi.

Di conseguenza non hanno fiducia nel prossimo, che vedono sempre come un possibile ingannatore.

Il partner della vittima di professione

Stare accanto a persone così non è facile perché il pulcino nero finisce per diventare un vampiro che succhia l’energia dei cari e degli amici più stretti, provocando reazioni ostili e allontanamenti volontari di chi non ne può davvero più di tutta questa negatività.

Il vittimista patologico non accetta di essere aiutato e per questo è molto difficile per lui uscire dal tunnel di negatività che lo contraddistingue.

Come può una persona che vede sempre tutto nero poter anche solo pensare che il bicchiere è mezzo pieno quando lui sa per certo che è tutto un inganno e che il bicchiere è sempre mezzo vuoto?

Si può curare il vittimismo?

È davvero complicato riuscire a far cambiare mentalità e approccio alla vita a chi soffre di sindrome di Calimero, ma un percorso con uno psicoterapeuta può essere davvero utile.

Inoltre, è molto importante che chi si approccia a una persona affetta da sindrome di Calimero sia in grado di interrompere la catena delle lamentele del paziente, ad esempio creando una distanza verbale che lasci cadere l’argomento, iniziandone uno diverso o rimanendo in silenzio, senza incoraggiare le sue recriminazioni.

Un’alternativa ben più drastica potrebbe essere prendere le distanze per togliergli quel pubblico e quel terreno fertile dove far crescere tutta la sua negatività.

In questo modo riusciamo ad aiutare la vittima a non rinforzare un comportamento disfunzionale che, alla lunga, porta inevitabilmente a creare problemi psichici e a sviluppare disturbi fisici di tipo psicosomatico.

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