Vittorio Sgarbi presenta il libro "Natività. Madre e figlio nell'arte" alla Mondadori Duomo. Nella foto: Vittorio Sgarbi
In una recente intervista ad Antonio Gnoli su Robinson Vittorio Sgarbi ha condiviso dettagli sulla sua condizione di salute, parlando apertamente della malattia, che lo ha costretto a ridurre la sua presenza pubblica.
Il critico d’arte, noto per il suo carattere acceso e le sue feroci polemiche, ha rivelato di stare attraversando un periodo difficile, segnato da problemi di salute che ne hanno compromesso il benessere fisico e psicologico.
Dopo un intervento al cuore e una diagnosi di tumore alla prostata, Sgarbi ha ammesso di trovarsi in una fase delicata che lo ha costretto a stare lontano dai riflettori.
Sgarbi ha parlato senza filtri della depressione che lo ha colpito, descrivendola come una condizione che coinvolge sia il corpo che lo spirito: “La mia attuale malinconia o depressione è una condizione morale e fisica che non posso evitare” dice.
A questo si aggiungono le problematiche fisiche che rendono ogni attività più complessa: “Ho perso parecchi chili. Faccio fatica in tutto. Riesco a tratti ancora a lavorare. Ho sempre dormito poco. Ora passo molto tempo a letto” spiega a Robinson.
La malattia ha influito anche sulla sua capacità di vedere chiaramente, un aspetto fondamentale per chi, come lui, ha fatto della lettura e dell’osservazione artistica il proprio mestiere: “Per uno storico dell’arte, non vedere bene è una condizione difficile”, ha dichiarato.
Nonostante ciò, ha continuato a lavorare, parlando anche del suo ultimo libro, “Natività“, con il quale cerca di lasciare un segno nel tempo.
In questa fase di introspezione, Sgarbi ha ammesso di vivere un momento di meditazione profonda, riflettendo sul suo passato e su ciò che lo attende. “Tutto ciò che ho scritto, le opere che ho analizzato, rappresentano un modo per sopravvivere oltre la mia esistenza”, ha affermato.
Abituato a essere al centro della scena, ora si sente come un’opera d’arte osservata da altri, un’immagine che non riesce più a riconoscere completamente.
“Oggi guardo le cose senza desiderare di esserne coinvolto. Non devo più rappresentare un ruolo”, ha spiegato. Tuttavia, si sente quasi prigioniero della figura pubblica che ha costruito negli anni: “Era una realtà profonda che si trasformava in immagine. Ora, ripensando al passato, è come se vedessi un altro me stesso”.
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