Sindrome della crocerossina, come uscirne?

Che cos’è la Sindrome della Crocerossina e come si diagnostica?

La Sindrome della Crocerossina è una modalità relazionale che si manifesta soprattutto nella coppia, ma anche in altri tipi di relazioni come quella amicale ecc. Noi qui parleremo della relazione di coppia.

Sintomi

In genere, una donna si accorge di essere affetta Sindrome della Crocerossina quando:

  • le sue relazioni sentimentali hanno sempre un mood che fa tipo: uomo turbato-donna terapeuta
  • quando, dopo qualche giorno di frequentazione, lei pensa: stai tranquillo ora ci sono io che ti salverò!
  • a breve distanza dai bei tempi iniziali in cui lei si sente importante e insostituibile, scatta la paranoia di poter diventare pesante inutile. A questo segue spesso la ricerca di un problema di lui di cui prendersi cura
  • è protesa soltanto a prendersi cura del partner che, puntualmente, viene scelto con il lanternino tra “eterni Peter Pan”, “uomini irrisolti”, “uomini sofferenti” oppure, tra uomini semplicemente inconsapevoli di dover accuditi con uno stile “pappa-cacca-nanna”

Ma non c’è da scherzarci, dicono gli esperti! La questione, lungi dall’essere soltanto un fatto buffo, crea anche molta sofferenza alla coppia e, di fatto, nasce da una sofferenza profonda della donna.

Cause

Le motivazioni e le cause che stanno dietro a questa “brutta piega” della coppia, possono essere diverse: dal forte senso di colpa, alla paura di essere abbandonate; ogni scusa è buona per creare un rapporto affettivo-relazionale dipendente in cui il proprio accudimento diviene la moneta principale.

Perchè? Come abbiamo detto prima, semplicemente perchè così si “espia un proprio dolore” ci si sente accudite-accudendo, ci si sente insostituibili e preziose per l’altro che, puntualmente, viene assurto a vittima da salvare e, contemporaneamente, incapace di “fare da solo o di farcela senza di noi”.

Il risultato è, ovviamente catastrofico.

Come si esce dalla Sindrome della Crocerossina?

  1. La prima cosa è accorgersi di avere un problema relazionale
  2. La seconda è ammettere di soffrire di questa sindrome
  3. La terza è essere pronte a mettersi in discussione magari andando in terapia
  4. Seguono la decisione di prendersi cura di se prima che dell’altro; non percepire le difficoltà del partner come problemi da risolvere in prima persona; non cedere alla tentazione di voler salvare lui e, soprattutto, di volerlo cambiare!

Attivamente, ciò che si può fare è, per esempio, fare volontariato. Pare, infatti, sia una delle strategie terapeutico-occupazionali più di successo.

Prendersi cura dell’altro, infatti, non è un fatto negativo. Il problema è, piuttosto il “di chi mi prendo cura?”. E questo “chi” non può essere il partner, dal momento che la coppia è una relazione di persone alla pari, a differenza della relazione madre-figlio, paziente-malato, volontario-persona bisognosa.

Fermo restando che tutti siamo capaci di tirarci fuori dai problemi, infatti, accettare che l’altro ce la farà benissimo anche senza di noi, rivolgere le nostre attenzioni altruistiche verso chi ha veramente bisogno di aiuto e farsi qualche domanda in più sulla scelta dei propri partner, può essere il percorso terapeutico corretto.

Infine, una cosa importante da tenere a mente è: la relazione sentimentale non è una relazione di aiuto e chi viene sistematicamente aiutato prima o poi vorrà camminare sulle sue gambe o, aimè, avrà bisogno di auiti sempre maggiori, sganciandosi da noi in malo modo. Prevenire è meglio che curare!

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