Liliane Murekatete e Aboubakar Soumahoro.
“La costruzione del racconto mediatico volto a rappresentarmi come una cinica ‘griffata’ e ad affibbiarmi icastici titoli derisori, una che pubblica selfie (peraltro dello stesso tenore di quelli di centinaia di migliaia di giovani donne occidentali e non) mentre i lavoratori della cooperativa non ricevono gli stipendi è artatamente falsata”.
Così Liliane Murekatete, la compagna di Aboubakar Soumahoro, il deputato di Sinistra Italiana – Verdi, che si è autosospeso dal gruppo parlamentare in seguito alla bufera sulla cooperativa Kalibu e alle indagini in corso da parte della Procura di Latina.
La donna, intervistata da Adnkronos, in seguito agli attacchi subiti in questi giorni, soprattutto sui social media, ha scelto di rompere il silenzio e ha annunciato che porterà in tribunale chi l’ha diffamata.
A proposito dell’appellativo Lady Gucci, per via dei selfie con gli abiti e le borse firmate, Liliane Murekatete ha spiegato che “la gran parte delle foto” risale “al 2014/15”, cioè “quando non avevo alcun incarico nella cooperativa Karibu e quando non avevo ancora conosciuto il mio compagno”.
Liliane se l’è presa in particolare con la stampa: “Posso capire, senza giustificarli, gli attacchi politici, ma la narrazione della maggior parte dei giornalisti è stata improntata ad un teorema fondato sulla colpevolezza certa e manifesta, con buona pace della presunzione di innocenza: colpevole io, colpevole mia madre, colpevole il mio compagno”.
Per la donna, poi, c’è del razzismo alla base degli attacchi subiti: “Il sottotesto della narrazione esclude a priori l’ipotesi che possa esistere una donna africana benestante (e/o che possa diventarlo onestamente) e men che mai che essa possa contemporaneamente impegnarsi nelle questioni sociali”.
Infine, la decisione di adire le vie legali per tutelare la propria immagine: “Io a questo processo mediatico non mi presto né intendo prestarmi: se l’autorità giudiziaria me lo chiederà, non avrò problemi a dimostrare la liceità dell’acquisto, ma respingo culturalmente il processo da celebrarsi nella piazza mediatica, per una miglior diffusione via social e colpo di grazia nelle testate scandalistiche”.
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