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Delitto di Garlasco, un martello riapre il caso? 

Era il 13 agosto 2007 quando a Garlasco, in provincia di Pavia, Chiara Poggi, 26 anni, fu trovata morta nella cantina della villetta di famiglia in via Pascoli. Il suo corpo, rinvenuto dall’allora fidanzato Alberto Stasi, presentava ferite devastanti, segno di un’aggressione violenta. Dopo un lungo iter giudiziario, Stasi fu condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni di carcere per omicidio volontario, pena che sta scontando in regime di semilibertà presso il carcere di Bollate. Ma il caso, che sembrava chiuso, si è riaperto con forza in queste settimane, grazie a nuovi indizi e alla riapertura delle indagini che vedono indagato per la terza volta Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, Marco Poggi.

La nuova inchiesta: Andrea Sempio al centro

Le indagini, coordinate dalla Procura di Pavia sotto la guida del procuratore Fabio Napoleone, dell’aggiunto Stefano Civardi, della pm Valentina De Stefano e, più recentemente, della pm Giuliana Rizza, si concentrano su Sempio, 37 anni, già indagato e archiviato in passato. Ieri, 14 maggio, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano hanno eseguito perquisizioni nelle abitazioni di Sempio a Voghera, dei suoi genitori a Garlasco e di due amici, Mattia Capra e Roberto Freddi, che frequentavano casa Poggi all’epoca dei fatti. Sequestrati telefoni, computer e persino vecchi diari di Sempio, contenenti appunti personali su come “piacere alle ragazze”. L’obiettivo è ricostruire i rapporti tra l’indagato, la vittima e la sua cerchia, verificando eventuali elementi che lo collochino sulla scena del crimine, da solo o in concorso con terzi.

Il DNA e l’incidente probatorio

Al centro della nuova inchiesta c’è il Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi, ritenuto incompatibile con quello di Stasi ma potenzialmente compatibile con quello di Sempio, grazie a tecniche di analisi più avanzate. Nel 2016, una perizia della difesa di Stasi aveva già sollevato questa ipotesi, ma l’inchiesta era stata archiviata nel 2017. Ora, la Procura di Pavia ha richiesto un incidente probatorio sul Dna, la cui udienza per il conferimento degli incarichi è fissata per il 16 maggio 2025, davanti alla gip Daniela Garlaschelli. Gli investigatori stanno anche riesaminando impronte digitali e tabulati telefonici, incluse tre chiamate mute ricevute a casa Poggi nei giorni precedenti al delitto, attribuite a Sempio.

Alberto Stasi e Chiara Poggi.

La caccia all’arma del delitto

Uno degli elementi più controversi del caso è l’arma del delitto, mai ritrovata. Le perizie processuali hanno indicato un martello da muratore come lo strumento più probabile, capace di infliggere le lesioni rilevate sul corpo di Chiara, tra cui una frattura cranica con una caratteristica “linea retta” e uno “scalino”. Tuttavia, il martello denunciato come mancante dalla famiglia Poggi nel 2008 non sarebbe compatibile con tutte le ferite, secondo quanto stabilito dal gup Stefano Vitelli nel 2009. Altri consulenti avevano ipotizzato una forbice da sarto, ma questa teoria è stata ritenuta poco plausibile per la difficoltà di maneggio e l’inadeguatezza a causare una frattura isolata.

Ieri le ricerche si sono concentrate a Tromello, a pochi chilometri da Garlasco, in un canale irriguo, il Cavo Bozzoni, vicino alla casa disabitata della nonna delle cugine di Chiara, Paola e Stefania Cappa. Qui, vigili del fuoco e protezione civile hanno dragato un tratto di 300 metri, recuperando diversi oggetti contundenti, tra cui un martello, considerato “potenzialmente utile” alle indagini. Tuttavia, gli inquirenti mantengono massima cautela: il martello, un oggetto comune, deve essere analizzato per verificarne un collegamento con il delitto. Le ricerche sono state guidate da due testimonianze, una raccolta dal programma Le Iene, che indicano una donna, forse Stefania Cappa, mentre getta un oggetto metallico nel canale.

Le testimonianze e il ruolo delle gemelle Cappa

Le gemelle Cappa, cugine di Chiara, sono tornate sotto i riflettori, pur non essendo mai state indagate. Una testimonianza anonima, riportata da Le Iene, suggerisce che Stefania Cappa possa aver gettato un oggetto nel canale di Tromello. Un secondo testimone, Marco Muschitta, aveva dichiarato nel 2007 di aver visto una ragazza bionda, forse Stefania, allontanarsi in bicicletta da via Pascoli con un attizzatoio in mano, per poi ritrattare, sostenendo di “essersi inventato tutto”. Tuttavia, i carabinieri di Milano, riesaminando il caso, hanno ritenuto credibile la sua testimonianza originaria, soprattutto dopo intercettazioni in cui Muschitta confermava quanto visto. Dai tabulati telefonici, però, non emergono contatti tra Sempio e Stefania Cappa nei mesi precedenti e successivi al delitto.

La reazione della famiglia Poggi

La famiglia Poggi, rappresentata dagli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, ha espresso sconcerto per la riapertura del caso. “La famiglia Poggi è rimasta ancora una volta basita per quanto sta accadendo”, ha dichiarato Compagna, criticando la Procura per aver valorizzato “ipotesi stravaganti” a quasi 20 anni dai fatti, ignorando una sentenza definitiva. Tizzoni ha ribadito che dalla villetta di via Pascoli non manca alcun attizzatoio da camino, come ipotizzato inizialmente, ma solo un martello. I Poggi, costituitisi parte offesa, difendono la condanna di Stasi come unica verità processuale e chiedono rispetto per la memoria di Chiara.

La posizione di Sempio e Stasi

Andrea Sempio, assistito dagli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia, si è dichiarato sereno durante le perquisizioni, mostrando “piena disponibilità”. In un’intervista a Sky TG24, ha ribadito la sua innocenza: “Sono stato a casa Poggi fino a qualche giorno prima del delitto, normale ci siano mie tracce. Non avevo alcun contatto con Chiara e non conoscevo Stasi”. La madre, Daniela Ferrari, convocata di recente, si è avvalsa della facoltà di non rispondere.

Alberto Stasi, attraverso la sua legale Giada Bocellari, guarda con “fiducia” alle nuove indagini, che potrebbero sostenere un’istanza di revisione del processo. “Queste iniziative dimostrano l’assoluta serietà dell’indagine”, ha commentato Bocellari.

Un canale prosciugato e nuove domande

Il dragaggio del Cavo Bozzoni a Tromello ha rappresentato un momento cruciale. Nonostante una pulizia superficiale del canale nel 2017, l’ingegnere Cesare Curti, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, ha spiegato che il fondo melmoso potrebbe aver preservato oggetti per anni. Tra gli oggetti recuperati, oltre al martello, ci sarebbero attrezzi da lavoro, ma non un attizzatoio, come inizialmente ipotizzato. Gli investigatori stanno analizzando ogni reperto per verificarne la compatibilità con le ferite di Chiara, ma la cautela rimane d’obbligo.

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