Sposarsi all’estero: una moda, una scelta o una necessità di appartenenza?

di Danila


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Il finale che molti si aspettano al termine di una romantica storia d’amore: lui e lei teneramente stretti per la mano, a dirsi di sì sotto un gazebo fiorito, i piedi rigorosamente nudi su finissima sabbia bianca, con palme cullate dal vento del mare tropicale.

In alcuni paesi del mondo è un’opportunità spesso presa in considerazione, in altri questa moda è giunta solo da pochi anni, riscuotendo però un discreto successo e dando il via ad una nuova forma di turismo, quella dedicata alle wedding destinations. Oggi inoltre, con il boom dei matrimoni misti anche in Italia, sono sempre di più le coppie che decidono di celebrare il matrimonio nel paese di origine di uno dei coniugi.

A prima vista, la scelta del luogo esotico o del paese estero per celebrare il matrimonio potrebbe sembrare facile, ma spesso gli sposi non prendono in considerazione il labirinto burocratico o i meandri del diritto internazionale privato.

Quando il matrimonio contratto all’estero è riconosciuto anche in Italia?

I matrimoni riconoscibili, o meglio trascrivibili, sono quelli celebrati tra cittadini italiani, ovvero tra un cittadino italiano ed uno straniero, innanzi all’autorità diplomatica o quella consolare competente, oppure innanzi all’autorità locale.  Occorre dire che il ricorso all’una o all’altra autorità non è indifferente: infatti mentre per quello che concerne i matrimoni celebrati davanti alle prime valgono le norme dell’Ordinamento Italiano, per quelli contratti davanti alle autorità locali si deve – come ovvio – fare riferimento alle leggi del luogo di celebrazione (art. 16 del d.p.r. 3.11.2000, n. 396). Pertanto, nel secondo caso i nubenti potrebbero trovarsi in una situazione di vera e propria incertezza del diritto (nel senso di una scarsa conoscenza dello stesso da parte del soggetto interessato) con conseguenze eventualmente gravi sia per quello che concerne quanto è previsto dal diritto del luogo, sia per quanto riguarda la trascrivibilità stessa del matrimonio.
In generale bisogna tenere presente che in considerazione dell’art. 18 del D.P.R. 396/2000 l’atto di matrimonio contratto all’estero non deve essere contrario al nostro ordine pubblico per poter essere trascritto in Italia. Inoltre, mentre nel caso del matrimonio celebrato innanzi all’autorità diplomatica o consolare della Repubblica l’invio dell’atto di matrimonio per la trascrizione avviene a cura dell’Autorità medesima, in quello del matrimonio celebrato innanzi ad un Autorità locale la copia dell’atto deve essere consegnata dagli interessati all’autorità diplomatica o consolare per gli ulteriori adempimenti (cf. artt. 16 e 17 d.p.r. cit.).

Solitamente  il matrimonio è trascritto previa trasmissione dell’atto di matrimonio da parte dell’autorità diplomatica o consolare competente al comune di residenza degli sposi, il quale per l’appunto provvederà alla trascrizione dell’atto stesso negli appositi registri.  Naturalmente la trascrizione può essere richiesta in Italia anche dal singolo coniuge in quanto l’ art. 17 del citato D.P.R. fa per l’appunto riferimento al concetto di soggetto “interessato” non specificando che detta trascrizione debba essere richiesta da entrambi i coniugi.

Secondo l’art. 27 L. 218/1995[i] di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio.

La legge che stabilisce un impedimento al matrimonio determina anche le conseguenze della violazione di esso, i termini per farlo valere, gli eventuali effetti di un certo periodo di vita in comune.

La legge italiana prevede altresì degli impedimenti al matrimonio (impedimenti impedienti) che non comportano una invalidità di esso ma una sua semplice irregolarità, la cui unica conseguenza è l’applicazione di una sanzione pecuniaria nei confronti degli sposi, peraltro di importo minimo (artt. 134 e 140 cod. civ.). Tali impedimenti sono costituiti dal lutto vedovile (art. 89) e dall’omissione delle pubblicazioni ad esempio.

Il matrimonio contratto all’estero dal cittadino italiano residente in Italia nelle forme previste dalla legge del luogo di celebrazione deve essere preceduto dalle pubblicazioni in Italia e deve essere seguito dalla trascrizione dell’atto nei registri dello stato civile italiano. La mancanza di questi adempimenti (pubblicazione e trascrizione), non incidono sulla validità del matrimonio. La trascrizione in particolare non ha natura costitutiva, ma semplicemente dichiarativa e di pubblicità.

La Suprema Corte in più occasioni si è pronunciata in tal senso: i matrimoni celebrati all’estero tra italiani e stranieri hanno immediata validità nel nostro ordinamento qualora risultino celebrati secondo le forme previste dalla legge straniera; la loro trascrizione in Italia assume valore meramente certificativo.

Ma in caso di divorzio sarà applicabile la legge straniera o quella italiana?

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