Matrimonio con separazione dei beni, a chi spetta la casa in caso di separazione o divorzio

di Danila


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La volta scorsa L’Avvocato Covaleov ci aveva spiegato in che modo viene suddivisa l’eredità in caso di morte del coniuge, in regime di separazione dei beni. Tra i casi presi in esame, i più interessanti e complicati ci sono da sempre quelli relativi ai diritti del coniuge o ex coniuge in caso di separazione o divorzio. Ma quali sono, in queste circostqanze, gli eventuali diritti sulla casa coniugale eventualmente assegnata e in caso di decesso, chi eredita?

In caso di separazione o di divorzio il Giudice può adottare anche provvedimenti circa l’assegnazione della casa coniugale (o familiare). Il provvedimento è volto ad assicurare al residuo nucleo familiare (coniuge affidatario e eventuali figli) la conservazione dello stesso ambiente di vita domestica goduto in costanza di matrimonio. E’ proprio sull’assegnazione della casa coniugale che le separazioni tra coniugi sfociano in vere e proprie guerre giudiziarie. Insieme all’affidamento dei figli l’assegnazione della casa coniugale diviene, pertanto, il vero “pomo della discordia” nell’ambito delle separazioni e dei divorzi. L’assegnazione della casa coniugale spetta, prevalentemente, al genitore presso il quale vengono collocati i figli. L’assegnazione della casa coniugale non rappresenta infatti una componente delle obbligazioni patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio o un modo per realizzare il mantenimento del coniuge più debole ma in via prioritaria un provvedimento diretto alla tutela dei figli minorenni o maggiorenni conviventi e non autosufficienti affinché questi possano continuare a vivere nell’ambiente domestico e nell’habitat in cui sono cresciuti e cioè il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si è fino a quel momento espressa e articolata la vita familiare..

Qualora non vi sono figli conviventi il Giudice nel valutare a quale dei coniugi assegnare la casa coniugale, deve comunque necessariamente valutare l’esistenza di diritti e titoli sull’immobile in capo ai coniugi. Se uno dei coniugi risulti essere proprietario esclusivo dell’immobile, la scelta del giudice sarà presumibilmente orientata verso l’assegnazione della casa al coniuge proprietario o che vanta sull’immobile un diritto reale di godimento esclusivo. Nell’ipotesi in cui la casa familiare appartenga ad entrambi i coniugi, manchino figli minorenni o figli maggiorenni non autosufficienti conviventi con uno dei genitori, ed entrambi i coniugi rivendichino il godimento esclusivo della casa coniugale, l’esercizio del potere discrezionale del giudice non può trovare altra giustificazione se non quella di, in presenza di una sostanziale parità di diritti, favorire quello dei coniugi che non abbia adeguati redditi propri, al fine di consentirgli la conservazione di un tenore di vita corrispondente a quello di cui godeva in costanza di matrimonio. Da ciò consegue che, laddove entrambi i coniugi comproprietari della casa familiare abbiano adeguati redditi propri, il giudice dovrà respingere le domande contrapposte di assegnazione del godimento esclusivo, lasciandone la disciplina agli accordi tra i comproprietari, i quali, ove non riescano a raggiungere un ragionevole assetto dei propri interessi, restano liberi di chiedere la divisione dell’immobile e lo scioglimento della comunione. Ciò significa che l’assegnazione della casa coniugale cointestata, in presenza di squilibrio economico tra le parti, avrà come fine quello di riequilibrare le rispettive posizioni economiche, ma nel caso in cui non vi sia un coniuge economicamente più debole, e non vi siano figli minorenni o maggiorenni conviventi, non esisterà alcun criterio per poter disporre l’assegnazione ad un coniuge piuttosto che ad un altro e questo perché non vi è alcuna prevalenza di un diritto dell’uno su quello dell’altro bensì una condizione di esatta equivalenza tra i diritti in questione; entrambi i coniugi infatti risultano titolari di un diritto costituzionalmente garantito quale il diritto di proprietà e nessuno dei due si trova in una situazione di svantaggio economico tale da determinare in capo al soggetto più debole il sorgere di un diritto al mantenimento..

A tutela dell’assegnatario è previsto espressamente che il provvedimento di assegnazione è suscettibile di trascrizione nei registri immobiliari della Conservatoria (per renderlo opponibile a eventuali terzi che dovessero acquistare diritti sull’immobile). L’assegnazione della casa coniugale non attribuisce all’assegnatario alcun diritto reale, non priva quindi il proprietario della proprietà dell’immobile ma solo del godimento (a meno che nel provvedimento del giudice non sia stato previsto anche il trasferimento della proprietà). Il coniuge proprietario può sempre chiedere la revoca del provvedimento ed il rilascio della casa essendo venuti meno i presupposti dell’assegnazione e, cioè per essere i figli divenuti maggiorenni ed autonomi e quindi mancando il diritto a permanere nell’alloggio di proprietà dell’altro. Il diritto di godimento della casa familiare in capo al genitore affidatario viene meno anche quando l’assegnatario non abita o cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale o conviva o contragga nuovo matrimonio. In ogni caso la revoca non è automatica ma bisogna sempre adire il Giudice per ottenere una pronuncia in merito. Pertanto l’ex coniuge superstite al quale è stata (eventualmente già) assegnata la casa coniugale dal giudice potrà continuare a vantare solo un diritto di godimento sulla stessa, ma non i diritti reali quali la proprietà e solo finché permangono tutte le condizioni che a suo tempo hanno dato luogo al provvedimento di assegnazione. La proprietà della casa quindi si trasmetterà agli eredi del coniuge defunto secondo le regole della successione legittima o testamentaria, eventualmente gravata dal diritto di godimento a favore dell’ex coniuge.

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